Echi della ‘rabbia dei presidi’

La nostra newsletter della scorsa settimana, dedicata quasi monograficamente alla forte e partecipata manifestazione del 25 maggio, ha suscitato vasto interesse tra i lettori, in particolare tra i dirigenti scolastici, molti dei quali hanno apprezzato il rigore e l’accuratezza dell’analisi presentata da Tuttoscuola, che ancora una volta ha messo in luce e documentato con dati aggiornati la discriminazione, non solo salariale, subita dai DS rispetto alle analoghe e comparabili figure dirigenziali del settore pubblico a partire dallo stesso Ministero dell’istruzione (http://www.tuttoscuola.com/ds-le-competenze-aumentano-la-sperequazione-resta/).

Mentre da una parte registriamo questa larga condivisione sull’analisi comparativa da noi sviluppata in merito alla profonda, strutturale iniquità del trattamento economico e della condizione giuridica riservati ai DS (soprattutto in merito al cumulo delle responsabilità, basti leggere la tabella da noi pubblicata), dall’altra è stata accolta con qualche richiesta di chiarimento e approfondimento la parte della newsletter che riguardava la ricostruzione storica del percorso che ha condotto all’attuale situazione. A questo riguardo pubblichiamo con piacere l’appassionata lettera della dirigente scolastica Paola Senesi.

Vorremmo essere chiari e leali con una categoria, come quella dei DS, alla quale Tuttoscuola ha sempre dedicato la massima attenzione (ricordiamo il dossier “DS, Manager, sceriffi o Dirigenti figli di un dio minore”, scaricabile gratuitamente da www.tuttoscuola.com, che dedica un’intera sezione a “Dirigere la scuola”, e gli innumerevoli articoli, ultimo in ordine di tempo l’intervento “Dirigenza Scolastica e innovazione” di Alfonso Rubinacci, coordinatore comitato scientifico di Tuttoscuola, numero 572 di maggio 2017), ben consapevoli come siamo della delicatezza e della complessità della loro funzione: a nostro avviso la “rabbia dei Presidi” ha origini lontane, e si è accumulata nel tempo a causa del mancato approfondimento e rispetto della natura peculiare della dirigenza scolastica, la cui valenza educativa è stata via via oggetto di ripetute suggestioni e contaminazioni almeno dalla metà degli anni novanta, alle quali hanno non poco contribuito le fragilità del nostro sistema politico, descritte nella ricostruzione storica del nostro servizio. Dalle suggestioni e contaminazioni aziendalistiche (preside-manager, progetti qualità ricalcati sul modello industriale) a quelle per così dire “amministrativistiche”, che hanno visto nel dirigente, anche in quello “scolastico”, il terminale sul territorio di un sistema di governo amministrativo nominalmente centrato sul principio di sussidiarietà, ma in pratica ancora (più o meno faticosamente) guidato dalle burocrazie pubbliche.

In mezzo si trovano i dirigenti scolastici, uomini e donne che sentono il delicato compito di guidare una comunità educante che garantisca un futuro ai giovani, ma che sono schiacciati da adempimenti burocratici e da responsabilità alle quali non corrispondono strumenti e poteri adeguati.

Il primo problema che va affrontato è quello della riaffermazione della leadership educativa dei DS, ivi inclusa l’equiparazione economica (pienamente giustificata e meritata, ma che da sola non basterebbe). Un tema non a caso al centro del corso di formazione promosso da Tuttoscuola con l’Università Lumsa “Il dirigente scolastico, un leader per l’educazione” (21 momenti formativi tutti fruibili on line in registrata). Insomma: serve un approccio più globale e strategico, che coinvolga anche gli insegnanti in un’ottica partecipativa e sia capace di rilanciare la mission della scuola e di chi la dirige.