Contro il ritorno ai voti un documento delle associazioni professionali della scuola/2

E’ stato più facile ai detrattori far emergere le difficoltà di uso dei nuovi strumenti di valutazione piuttosto che avviare un’azione educativa al giudizio, che peraltro si è evidenziato più utile agli stakeholder che dovevano interessarsi del possesso di reali capacità di sviluppo delle competenze senza badare ai voti attribuiti.

A motivo di una maggiore facilità di comunicazione e di compilazione il ministro Gelmini tornò ai numeri, ma nel frattempo nella scuola primaria la cultura valutativa era cambiata e così vennero reintrodotti i giudizi, anche se con alcuni sbarramenti, mentre nella secondaria di primo grado rimasero i voti, provocando una notevole discontinuità per gli istituti comprensivi. Fu prevista anche la certificazione delle competenze, ma per accondiscendere più ad esigenze esterne, soprattutto per chi voleva abbandonare la scuola, ma per il passaggio alle classi successive valeva la media del sei. Ora verrà riproposto anche il voto in condotta a fare media.

Il pronunciamento delle associazioni è per l’eliminazione dei voti, proprio in un momento in cui una parte della politica intende scardinare anche i giudizi della primaria per riportare le valutazioni numeriche, motivando ancora una volta per la comodità di comunicazione, senza una riflessione appropriata su cosa comunicano i voti e cosa capiscono veramente, aldilà della tradizione, le famiglie ed il mondo esterno. Non proviene certo dalla ricerca psico-pedagogica l’idea che la “mortificazione è una modalità di preparazione alla vita vera con le sue difficoltà” e che quindi la bocciatura, ripresa ampiamente dopo la pandemia, sia “salutare”. Una pedagogia democratica, in linea con la nostra Costituzione, necessita di una valutazione libera dal voto – sostengono le associazioni – e non sono poche le scuole, anche di secondo grado, che utilizzano altri strumenti per evitare anche ansia e disagi, oltre che indurre spesso all’abbandono. L’abolizione dei voti nella scuola primaria poi non ha certo nuociuto a brillanti piazzamenti nelle indagini internazionali.

Le associazioni chiedono al ministero di dar seguito al programma di formazione del corpo docente anche là dove l’abolizione dei voti non è ancora applicata. Si ritiene che aprire un dibattito culturale serio nelle aule scolastiche prima ancora che in quelle parlamentari, sia utile per accompagnare anche le iniziative spontanee in tal senso. Il successo delle figure del tutor e dell’orientatore volute dal ministro Valditara non è indifferente rispetto al sistema valutativo.

Le firmatarie del documento sollecitano lo stesso ministero, la società civile, le organizzazioni sindacali e culturali, il mondo della ricerca e dell’università, a contrastare ogni tentativo di chi rivendica un ritorno al voto, che non farebbe altro che confermare – a loro avviso – una scuola selettiva, arretrata culturalmente e professionalmente, oltre che tenere ancora una volta studenti, insegnanti, dirigenti, genitori, ostaggio di riforme incompiute. A prescindere dalle opinioni sul tema specifico, è da auspicare che tante altre questioni aperte sul nostro sistema scolastico vengano affrontate da una presenza attiva e incisiva della comunità professionale.

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