Compiti a casa/1. In Francia no: questione di égalité

Ha destato vasta eco in Italia l’iniziativa assunta dalla principale associazione dei genitori francesi, la FCPE, in collaborazione con l’ICEM (Institut Cooperatif de l’Ecole Moderne-Pedagogie Freinet), che per protestare contro i compiti a casa assegnati ai bambini delle scuole elementari, “inutili e ingiusti”, ha proposto a insegnanti e genitori di organizzare due settimane senza compiti a casa, a partire dal 26 marzo, e di costruire assieme altri modi per comunicare alle famiglie i risultati del lavoro fatto in classe, dal momento che “il ruolo dei genitori nella coeducazione non è quello di cercare di rifare quello che fanno gli insegnanti”.

In Francia, per la verità, una circolare del 1956 tuttora in vigore vieterebbe agli insegnanti di assegnare compiti a casa ai bambini delle scuole primarie, ma essa è stata largamente disattesa o aggirata dai maestri, malgrado le proteste dei genitori. Che ora hanno deciso di passare all’azione e giustificano la loro iniziativa non solo con motivazioni psico-pedagogiche ma anche politiche.

Secondo Jean-Jacques Hazan, presidente del FCPE “è in classe che tutto dovrebbe essere portato a termine, sono i professori che devono far lavorare i nostri bambini e sono loro che li devono aiutare se non sono in grado di fare gli esercizi”. Se così non fosse, aggiunge Hazan, le disuguaglianze tra i bambini aumenterebbero perché alcuni avrebbero la possibilità di essere seguiti quotidianamente dai genitori mentre per la maggior parte di essi, soprattutto per quelli provenienti dalle famiglie più povere e meno acculturate, non ci sarebbe questa opportunità.

In piena campagna elettorale, divisi su quasi tutto, i due principali candidati all’Eliseo, Sarkozy e Hollande, su questo problema sembrano abbastanza concordi: spetta alla école républicaine di garantire l’equità offrendo agli alunni un insegnamento efficace a autosufficiente, quindi con pochi compiti a casa.