Carriera dei docenti/1: quel silenzio assordante che fa male al PNRR

La riforma della carriera dei docenti prevista dal PNRR non solo è stata ignorata dal DL 36 che, addirittura, ha confermato che la progressione stipendiale degli insegnanti avverrà, come sempre, soltanto per anzianità, ma anche lo stesso mondo sindacale ha eluso la questione, come risulta chiaramente dalle motivazioni ufficiali dello sciopero generale del 30 maggio dei sindacati rappresentativi.
FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams nell’avviare il percorso di mobilitazione del personale hanno elencato ben 21 obiettivi dello sciopero: dall’adeguamento dei profili Ata all’eliminazione degli eccessi di burocrazia nel lavoro dei docenti, dalla riduzione del numero di alunni per classe al contenimento della dimensione delle istituzioni scolastiche, dalla presenza di un Assistente Tecnico in ogni scuola del primo ciclo all’incremento dell’organico dei Collaboratori scolastici, dal concorso riservato per gli Assistenti Amministrativi Facenti funzione al bando di concorso ordinario per DSGA, e così via.

E sull’introduzione di differenziazioni nel percorso professionale dei docenti? Nulla. Purtroppo anche tra i sindacati sulla carriera dei docenti si registra un silenzio assordante, anche se va riconosciuto alla sola Cisl-scuola di avere dato spazio al documento dell’ex-direttore generale del MI, Giuseppe Cosentino, per la riapertura del dibattito sulla carriera, che a sua volta rilanciava la proposta avanzata da Tuttoscuola di ripartire dal modello di carriera definito da Aran e sindacati nel 2004.

La stessa Associazione Nazionale Presidi e Alte Professionalità tace sulla valorizzazione e il conseguente riconoscimento dell’impegno e delle diverse responsabilità dei docenti. Non giungono segnali forti e chiari dalle altre associazioni professionali, se non dall’Ancodis. L’introduzione di un vero middle management nella scuola come leva strategica per rendere più efficace il sistema di governance è stata dimenticata proprio nel momento in cui c’era (e c’è) la grande occasione per un salto di qualità. “Bisogna passare dal modello dell’“uomo solo al comando con le armi spuntate” (il preside di oggi) a quello del team integrato, in cui il leader educativo (il dirigente scolastico) lavora in stretto collegamento con la squadra dello staff, formalmente riconosciuta e costituita da figure intermedie altamente qualificate”, scrivevamo nel dossier “Dirigenti che stress” del 2019. Nel momento cruciale nessuno alza la voce in questo senso.

Il mondo politico sembra rassegnato e, al di là di qualche vago accenno di singoli esponenti dei partiti di maggioranza, non sembra proprio che vi sia intenzione di rivedere la disposizione tranchant del decreto-legge.
Occorrerà vedere ora se negli emendamenti presentati al decreto-legge in sede di conversione (ad es. Forza Italia rilancia il modello del ddl Aprea che prevedeva tre livelli di docente: iniziale, ordinario ed esperto, mentre M5S annuncia emendamenti per “la valorizzazione del personale sviluppando figure di middle management all’interno delle istituzioni scolastiche”) quel muro di silenzio e di indifferenza sarà abbattuto. Il Parlamento ha l’opportunità, in questa coda di legislatura, di legittimare il proprio ruolo centrale nella Repubblica.

C’è il fondato timore che si perda un’occasione storica. L’Europa che aveva valutato l’impianto del PNRR italiano, che comprendeva esplicitamente “l’entrata in vigore della riforma della carriera degli insegnanti”, rimarrà in silenzio davanti al venir meno di questo impegno?

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