Carriera dei docenti/2: la si realizza con un eventuale premio ‘una tantum’?

Le regole che oggi si intende fissare con le norme sul reclutamento e sulla formazione contenute nel decreto legge 30 aprile 2022, n. 36 del PNRR i cui lavori sono in pieno corso al Senato, determineranno in buona misura se in futuro la professione di insegnante risulterà attrattiva agli occhi di chi dovrà entrare nel mondo del lavoro o se resterà una seconda o terza scelta, come purtroppo bisogna prendere atto che è per molti oggi. Con tutto ciò che ne consegue, in ultima analisi, sui livelli di apprendimento degli studenti e sulla competitività del sistema Paese.

Secondo Tuttoscuola il decreto “buca” uno di quelli che avrebbero dovuto essere i tre pilastri del PNRR, lo sviluppo professionale, andando a fare parti uguali tra diversi.

Eppure il PNRR prevede tra i traguardi in scadenza il 30 giugno 2022 l’entrata in vigore della riforma della carriera degli insegnanti (Riforma 2.1 – Reclutamento dei docenti).

Il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 aprile e ora all’esame del Senato non prefigura in alcun modo uno sviluppo professionale, che esiste se all’interno di una categoria professionale si distinguono ruoli, profili, incarichi aggiuntivi, e si valorizzano diversi livelli di esperienza e di competenze. Al contrario il testo del decreto è esplicito: “Resta ferma la progressione salariale di anzianità” (art. 44, c. 4).

Il ruolo resta dunque unico e il percorso piatto per tutti.

Ma il DL n.36/22 fa di peggio, a nostro avviso. L’elemento di differenziazione rispetto alla mera progressione salariale di anzianità che il DL introduce è la “formazione incentivata” (lo si può definire un simulacro di carriera): (“Al fine di incrementare l’accesso ai predetti percorsi formativi è previsto un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio riconosciuto all’esito positivo del percorso formativo”), che riduce quella che è una componente nobile e fondamentale della professione a una “utilità”, snaturandola. In tal modo il decreto elude sia lo spirito di una legge vigente, la 107/2015 che parla di “formazione obbligatoria” (mentre l’incentivo è per definizione non obbligatorio), sia la lettera del PNRR (che parla espressamente di carriera).

Peraltro “tale elemento retributivo” verrebbe riconosciuto “in maniera selettiva e non generalizzata”.

Di conseguenza la formazione in servizio da obbligatoria in quanto connessa alla caratteristica intrinseca di una professione dedicata alla crescita umana e culturale degli studenti, diventa un requisito per partecipare, a scelta del singolo docente, a una selezione il cui successo non porterebbe a uno sviluppo professionale in termini di ruolo o profilo, ma a una premialità una tantum.

Chi non intendesse formarsi, non sarebbe obbligato a farlo (in contraddizione con il principio affermato dalla legge 107/2015) e manterrebbe la stessa posizione stipendiale e lo stesso ruolo di chi si forma.

In sostanza dalle previsioni del DL si ricava che la formazione potrebbe essere percepita, piuttosto che un elemento nobile e fondamentale della professione per essere durante tutta la carriera all’altezza del proprio fondamentale compito nell’interesse degli studenti, una opzione finalizzata a un obiettivo strumentale (l’eventuale premio “una tantum”, che potrebbe peraltro diventare anche divisiva per il meccanismo di competizione sotteso al tetto massimo di docenti che potrebbero accedere all’“elemento retributivo una tantum di carattere accessorio riconosciuto”).

Insomma in un solo colpo il testo inviato alle Camere manca il terzo pilastro (la carriera) e snatura il secondo (la formazione).

Se non si vuole tradire la lettera del PNRR (che parla espressamente di carriera) e perdere un’occasione storica di ammodernare il sistema e rilanciare la professionalità docente, il Parlamento deve intervenire senza dimenticare di tenere conto delle aspettative della categoria e recuperare l’apporto sindacale in sede contrattuale per l’applicazione delle norme. Questo sarebbe possibile fissando gli indirizzi generali (introduzione di profili e livelli diversi) e lasciando ad Aran e sindacati il compito di definire per via contrattuale misure, tempi e modalità per rendere concreta la carriera.

© RIPRODUZIONE RISERVATA