Dimissioni del personale della scuola: un percorso a ostacoli

Con l’avvenuta privatizzazione (o contrattualizzazione) del pubblico impiego, anche il personale della scuola – docente e Ata – è soggetto all’applicazione delle norme del codice civile. Il che, nello specifico, significa la possibilità di presentare le dimissioni  volontarie dal rapporto di lavoro in forza dell’art. 2118 c.c.Recesso dal contratto a -tempo indeterminato. L’articolo, infatti, salvo il rispetto dei termini di preavviso (da 2 a 4 mesi secondo l’anzianità di servizio maturata), come prescritto dall’art. 23 del Ccnl 29.11.2007, non rileva, di norma, alcun impedimento.

Tuttavia, l’impedimento c’è.

E’ costituito dal Dpr 28.04.1998, n. 351 – Regolamento in materia di cessazione dal servizio del personale della scuola – che consente al Ministro dell’Istruzione, tramite un apposito decreto, di fissare, per ogni anno scolastico, i termini entro cui presentare le domande di dimissioni con decorrenza dal 1° settembre dell’anno scolastico successivo alla data di presentazione

Inoltre, una norma primaria disciplina la posizione di quanti, invece, presentano le domande oltre i termini, di volta in volta, stabiliti, ovvero: “Le dimissioni (al pari delle richieste di pensionamento) presentate dopo tale data (rectius: quella fissata dal Decreto ministeriale), ma prima dell’inizio dell’anno scolastico successivo, avranno effetto dal 1° settembre dell’anno che segue il suddetto anno scolastico” (Legge n. 417/1989, art. 10, comma 5).  

Le disposizioni richiamate, hanno un’indubbia conseguenza: la pubblica amministrazione, pur a fronte dell’avvenuta privatizzazione, non consente la piena applicazione del recesso unilaterale dei propri dipendenti, ma individua, ex se, tempi definiti per l’esercizio di tale diritto.

Dimissioni del personale della scuola: due sentenze della Cassazione

La descritta situazione ordinamentale è stata interessata da due sentenze della Corte di Cassazione – Sezione lavoro.

La prima (n. 3267 del 2009), evidenzia che le dimissioni del dipendente pubblico rilevano essere, attesa l’intervenuta privatizzazione, un negozio giuridico unilaterale. Cioè, un negozio che non richiede l’accoglimento dell’altra parte (nel caso di specie, della P.A.), ma che si perfeziona grazie alla dichiarazione di volontà di una sola parte (nel caso che occupa, del dipendente pubblico). Ne deriva, nella fattispecie esaminata, la riconosciuta legittimità delle dimissioni del dipendente ancorché prodotte dopo i termini indicati dal Ministero. Tale riconoscimento, però, consegue dal non aver individuato, nel caso sottoposto a giudizio, alcun nocumento alla funzionalità organizzativa della Pubblica amministrazione scolastica.

La seconda (n.2795 del 2015), invece, chiarisce “… che nel regime del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (…) l’atto di dimissioni è negozio unilaterale recettizio, come nel rapporto di lavoro privato (…), idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui venga a conoscenza del datore di lavoro indipendentemente dalla volontà di accettarle”.

Ma, subito dopo, precisa: “ Nel sistema scolastico, tale principio va contemperato con le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell’attività  scolastica e di razionalizzazione del servizio, che impongono i termini per la presentazione delle domande, individuati  (…), con riferimento a ciascun anno scolastico, nonché , ai sensi del Decreto Legge n. 357 del 1989, articolo 10 convertito con modificazioni nella Legge n. 417 dello stesso anno, la loro decorrenza dal 1 settembre di ogni anno”.  La Corte, pertanto, non accoglie le dimissioni del dipendente in quanto presentate dopo i termini previsti dal Ministero e procede, tuttavia, al licenziamento disciplinare dello stesso a motivo delle assenze, ingiustificate, realizzate in continuità con la domanda di dimissioni.

Dimissioni del personale della scuola: una deliberazione della Corte dei Conti

Sulla questione interviene, per così dire, il terzo incomodo: la Corte dei Conti, Sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, con la deliberazione n.1/2018.

La Corte, dopo aver preso in esame le due pronunce della Corte di Cassazione, rileva come le stesse – apparentemente antitetiche – sono invece accomunate dalla salvaguardia di un unico interesse amministrativo.  Detto altrimenti, in ambedue le situazioni esaminate le conseguenti decisioni sono assunte tenendo conto, in maniera preminente, delle esigenze organizzative e funzionali della pubblica amministrazione scolastica. E sottolinea – ed è questo l’aspetto di maggior valore e novità – che la Pubblica amministrazione scolastica può e deve valutare il proprio interesse, non già e non solo con rifermento al “pedissequo rispetto” dei termini posti per le dimissioni, bensì alla luce di una effettiva “convenienza organizzativa”, individuata e perseguita di volta in volta. E per dare concreto riscontro a tale convenienza, fa riferimento ad una situazione che ricorre sovente nelle istituzioni scolastiche, ponendo la seguente domanda: ha senso non accettare le dimissioni prodotte oltre i termini da un docente di ruolo, che fruisce di aspettativa e che, presumibilmente, continuerà a fruirne sino all’esaurimento della stessa?  La mancata accettazione delle dimissioni in casi del genere – prosegue la Corte – non realizza di certo il buon andamento della P.A., ma impedisce di fatto la nomina in ruolo di un altro docente, in grado – questo sì – di dare continuità all’insegnamento e assicurare in tal modo la piena funzionalità del pubblico servizio scolastico.     

Ed è dalla delineata “convenienza organizzativa” che La Corte definisce, in tema, l’orientamento di massima: 

“I termini previsti dai decreti ministeriali che ogni anno stabiliscono l’efficacia delle dimissioni del personale del comparto scolastico sono posti a tutela esclusiva degli interessi della Pubblica Amministrazione, che li può disattendere in caso di eccezionali, specifiche e comprovate esigenze di garanzia del buon andamento del servizio in termini di efficienza ed economicità dello stesso”.    

Dimissioni del personale della scuola: conclusioni

La deliberazione della Corte dei Conti appare, quindi, una sorta di “avviso ai naviganti”, vale a dire un chiaro messaggio per i Dirigenti scolastici e/o gli Uffici scolastici provinciali chiamati a vario titolo ad occuparsi delle dimissioni del personale scolastico.

Un avviso per affermare che, in presenza di dimissioni prodotte da docenti e/o Ata oltre i termini annualmente previsti, è d’obbligo , per non accettarle, rappresentare motivazioni puntuali e congruenti. Non saranno più sufficienti i richiami alla inosservanza dei tempi stabiliti, ma occorrerà declinare, in modo specifico e circostanziato, i danni e/o i disservizi derivanti al pubblico servizio scolastico.

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