Adolescenti in crisi. Che fare?
Diceva il filosofo Benedetto Croce, riflettendo da anziano sui suoi anni giovanili, come testimoniato anche dalla figlia Elena, che “il meglio che ha da fare la gioventù è di invecchiare al più presto possibile”.
Il senso di questa considerazione era che ciascuna generazione doveva fare le sue esperienze, tra speranze, progetti, errori e delusioni (utili per crescere), e che era illusorio tentare di imporre ad essi il punto di vista degli adulti, che quelle esperienze, con la loro carica vitale, le avevano ormai consumate. A conclusioni in parte simili sembra pervenire anche lo psicanalista Massimo Ammaniti nel suo ultimo libro “I paradossi degli adolescenti” (Raffaello Cortina editore, 2024), presentato con successo lo scorso 10 maggio al Salone del Libro di Torino: “Non c’è altra strada se non quella di accettare questi contrasti e attendere che con il tempo siano loro stessi a scioglierli” (p. 147).
Conclusioni però solo in parte simili a quelle di Croce perché subito dopo l’autorevole psicologo e psicoterapeuta romano aggiunge che se da una parte è bene che i genitori (e i docenti a scuola) ascoltino di più i ragazzi, anche per guadagnare la loro fiducia, dall’altra essi non devono mostrarsi troppo “arrendevoli”: soprattutto i genitori devono confrontarsi con i figli in modo aperto: “senza il confronto (e anche lo scontro) non si instaura quella dialettica che fortifica il loro carattere e stimola la loro autonomia”. Ma “se non si raggiunge un accordo o un compromesso, i genitori devono far pesare le proprie responsabilità, anche se questo può provocare un contrasto o addirittura un conflitto con i figli” (p. 148).
In questa raccomandazione, rivolta in particolare ai genitori, si avverte l’eco della formazione di ispirazione freudiana, così attenta alle relazioni parentali come fondamento anche del principio di autorità, dello psicoanalista Ammaniti. A conclusioni sensibilmente diverse era pervenuto lo psicologo Matteo Lancini nel suo recente saggio “Sii te stesso a modo mio”, altra opera meritoriamente pubblicata nelle edizioni Cortina (qui la nostra recensione), anch’essa presentata al Salone del libro di Torino, che accompagnava l’appello (condiviso da Ammaniti) ad ascoltare di più i giovani con una incalzante denuncia della fragilità narcisistica dei genitori, che è alla base della perdita della loro autorità.
Il dibattito sul che fare è aperto in Italia come in tutto il mondo, almeno in quello liberal-democratico (per la Cina, la Russia e autocrazie varie il problema si pone in termini diversi, perché nei sistemi autoritari le relazioni sono tutte top-down, non c’è dialettica a livello né sociale né generazionale): un punto sul quale sembra emergere una vasta convergenza tra gli esperti, e in parte anche tra i decisori politici, è la necessità di limitare fortemente, se non vietare, l’accesso agli smartphone e ai social dei bambini e degli adolescenti, a scuola e anche a casa, a causa dei gravi danni di carattere psicologico e comportamentale da essi provocati. Ma su questo punto c’è anche chi la pensa in modo totalmente diverso, come riferiamo nella notizia seguente. (O.N.)
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