52 mila posti disponibili per assunzioni docenti: ecco qual è la vera natura e destinazione

Cinquantadue mila posti da ricoprire con altrettante assunzioni e, soprattutto, con una ghiotta disponibilità per i trasferimenti sono indubbiamente una bella notizia. Ma è bene chiarirne la natura e la destinazione.

Il comunicato stampa del Miur ha precisato: 15 mila sono i posti stabilizzati dall’organico di fatto, 21 mila sono dovuti al turn over per i pensionamenti 2017 e i restanti 16 mila sono posti già vacanti.

I primi, quei 15 mila, dovevano essere i 25 mila previsti dalla legge di bilancio 2017. Sono poco più della metà di quelli attesi: la stabilizzazione annunciata (soprattutto per i posti di sostegno in deroga) dovrà attendere.

I 21 mila per il turn over (forse si contava su un numero maggiore) portano una boccata d’ossigeno, ma erano già previsti per il concorso in atto e per la contestuale quota di immissioni dalle GAE.

Infine i 16 mila posti vacanti sono in buona misura la conseguenza del non pieno successo dell’attuale concorso che alla fine del triennio potrebbe far registrare una vacanza di posti superiore alle 21 mila unità.

Per quanto riguarda le assunzioni probabilmente non ci saranno effetti immediati per i vincitori, mentre vi sono buone notizie per gli iscritti alle GAE per le classi di concorso interessate alla tipologia di posti liberi. In diversi casi sarà necessario comunque ricorrere a supplenze annuali.

Per quanto riguarda invece la mobilità, quei 52 mila posti vacanti costituiscono altrettante sedi libere da occupare con i trasferimenti, considerato che con l’accordo di dicembre è stata congelata la norma della 107/15 che non consentiva la mobilità da scuola a scuola, bensì da scuola ad ambito.

Nel comunicato ministeriale congiunto si afferma che l’obiettivo di questo investimento di risorse è quello di contenere il fenomeno del precariato e garantire continuità nello svolgimento dell’attività didattica. Si può essere d’accordo con la prima affermazione (ridurre il precariato), un po’ meno con la seconda (continuità didattica), perché la maggior stabilizzazione del personale non è anche garanzia certa di stabilità nella sede e, quindi, di continuità didattica.