Riflessioni sulle elezioni europee: l’educazione nei regimi post-democratici

Riflessioni sulle elezioni europee/1

La conferenza internazionale su ‘Educazione e post-democrazia’ promossa dalla rivista Scuola democratica (sottotitolata Learning for democracy) di cui Tuttoscuola ha già dato notizia, in programma a Cagliari tra il 6 e l’8 giugno 2019, si svolgerà a ridosso delle elezioni europee del 26 maggio, dominate dallo scontro tra europeisti e sovranisti, e sarà dunque una prima occasione per riflettere sulle conseguenze che le tendenze neo-nazionaliste emergenti in alcuni Paesi europei, inclusa l’Italia, potrebbero provocare – e in qualche caso hanno già provocato (vedi l’Ungheria, che ha nazionalizzato i libri di testo) – sulle rispettive politiche educative.

Certamente il dibattito postelettorale terrà conto dell’esito della consultazione, ma non potrà ignorare, qualunque ne siano i risultati, il fatto che nel settore dell’istruzione l’Europa nel suo complesso ha finora garantito la migliore sintesi (anche se perfettibile, come da noi) tra qualità dei risultati ed equità nell’accesso alla formazione: è stata ed è, da questo punto di vista, un modello avanzato di ‘scuola democratica’. 

In effetti se allarghiamo lo sguardo al di fuori dell’Europa, nella quale vive peraltro attualmente meno del 10% della popolazione mondiale (percentuale che secondo i demografi scenderà al 7,5% nel 2050), vediamo che il modello di scuola adottato dalla maggior parte dei Paesi europei dopo il 1945 – un modello fondamentalmente liberal-democratico e pluralista – non è quello funzionante in vaste aree del pianeta, rette da sistemi politici autoritari, se non dittatoriali: non lo è in molta parte dell’Africa e del medio Oriente, non lo è in Cina o nella Corea del Nord, non lo è nella Turchia di Erdogan, è a rischio nel Brasile di Bolsonaro, solo per fare qualche esempio.

È vero che l’Europa non ha un sistema educativo regolato in modo uniforme da autorità sovranazionali (il Trattato di Roma del 1957, e quelli successivi, hanno sempre escluso questa possibilità), ma non c’è dubbio che esiste un importante patrimonio culturale comune, che spazia dall’arte alla letteratura, dalla musica al diritto e alla filosofia, e che l’Europa è il luogo del mondo dove la libertà degli individui è stata più rispettata e valorizzata anche a livello istituzionale, specialmente dopo il 1945 (ma per certi aspetti e momenti anche prima) all’interno di contesti liberaldemocratici o socialdemocratici: modelli di società aperta che si sono dati sistemi educativi che a quel patrimonio culturale comune, eppur così ricco di differenze, si sono ispirati.