La scuola delle emozioni: ricercando la bellezza di una scuola amabile. L’esperienza di Reggio Emilia

Dicembre, La Scuola che Sogniamo è.. La scuola delle emozioni!
Di Annalisi Rabotti*

Pensavamo alla scuola come ad unitario organismo vivente, ad un luogo di convivenza e scambi relazionali tra molti adulti e moltissimi bambini, dove si pensa, si discute, si lavora, mettendo insieme quello che si sa e non si sa, le difficoltà, gli errori, le aspettative, i successi, gli interrogativi e i problemi che continuamente si propongono, le motivazioni delle scelte. [Pensavamo] a qualcosa come una costruzione viaggiante, in continuo assestamento, fondata sulle dinamiche interattive dei suoi protagonisti e delle loro capacità combinatorie: dove ognuna delle parti si muove con la sua identità e i suoi compiti, intrecciando vincoli e reciprocità di confronto. […] Un crogiuolo di luoghi, ruoli e funzioni che hanno tempi propri e cambievoli e che lavorano, pensano e agiscono all’interno di un reticolo di interazioni cooperative che producono per gli adulti, ma soprattutto per i bambini, un sentimento di appartenenza, un mondo vivo, accogliente e non fittizio.” (Loris Malaguzzi). A quasi cento anni dalla nascita di Loris Malaguzzi, sentiamo ancora contemporanea e attuale l’idea di scuola che proponeva negli anni della sua più proficua elaborazione culturale e pedagogica. Spesso la associava all’aggettivo “amabile”, considerando, forse, la “amabilità” una qualità a cui tendere e da ricercare, una tensione viva, fresca, generosa di scambi solidali ed empatici tra le visioni e le possibilità che una scuola dovrebbe avere in sé. Di questo abbiamo parlato nell’inserto de La scuola che sogniamo pubblicato nel numero di dicembre di Tuttoscuola e dedicato alla scuola delle emozioni.

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Continuamente riflettiamo tra adulti, sollecitati dagli ascolti plurimi delle bambine e dei bambini, su come rendere possibile oggi questa tensione all’amabilità, convinti della sua necessaria presenza in una scuola dei bambini. Necessaria perché portatrice di sentimenti ed emozioni capaci, crediamo, di rendere altrettanto amabile il processo del conoscere, del conoscersi e dell’apprendere insieme.

Il progetto pedagogico nato e sviluppato nei nidi e nelle scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia, che di recente ha visto un’esperienza di continuità con la scuola primaria, cresce su alcuni presupposti e su alcune visioni; una di queste emerge con evidenza nel primo dei “Commentari” per un codice di lettura della mostra I cento linguaggi dei bambini, intitolato Il piacere di capire: “Il piacere dell’apprendere, del conoscere e del capire è una delle prime fondamentali sensazioni che ogni bambino si aspetta dall’esperienza che affronto da solo o con i coetanei o con gli adulti. Una sensazione decisiva che va rafforzata perché il piacere sopravviva anche quando la realtà dirà che l’apprendere, il conoscere e il capire possono costare difficoltà e fatica. È in questa sua capacità di sopravvivere che il piacere può sconfinare nella gioia” (Loris Malaguzzi).

Una dichiarazione che trova, oggi, una sua autorevole significazione anche attraverso teorie neuroscientifiche e psicologiche, in cui si attribuisce un fondamentale e irrinunciabile valore al piacere, inteso come esperienza emotiva e come condizione dell’apprendere. Creare contesti e situazioni favorenti questa dimensione conoscitiva dovrebbe essere un intento progettuale costante, al fine di generare, tra i diversi attori dell’esperienza, dinamiche relazionali, comunicative ed espressive solidali con i modi di apprendere dei bambini.

La scuola a cui pensiamo è una scuola che considera la relazione di ascolto e di reciprocità tra bambini, tra bambini e adulti, tra bambini e ambiente una zona proficua di incontro tra percezioni, sensazioni, emozioni, saperi, domande, che può dare vita a un senso del conoscere partecipato e in evoluzione continua. La scuola è il riflesso di tante storie, di tante soggettività che si incontrano e insieme stringono amicizie, sodalizi, combinazioni reciproche. È un luogo che cresce con il crescere delle idee e dei pensieri di bambini e adulti, e che così facendo contrasta l’anonimia che talvolta anche i luoghi dei bambini, purtroppo, portano con sé.

Vorremmo una scuola che sappia ascoltare e dare voce, convinti che ogni essere umano è dotato di plurimi linguaggi con cui esprimersi e con cui dichiarare il proprio punto di vista, mettendolo a disposizione di altri, per rinnovarlo, trasformarlo, cambiarlo. Si può intravedere, così, un’altra visione a cui tendere, che non è altro che l’assunzione del riconoscimento della natura dell’uomo: essere in ricerca continua. La storia dell’umanità si può narrare considerando le costanti ricerche che hanno reso l’uomo quello che è stato, in passato, quello che è oggi, nel presente e, addirittura, quello che sarà, immaginandone il futuro. “I desideri sono fatti con l’immaginazione”, Nicola, 5 anni.

La ricerca come dimensione e tensione conoscitiva, creativa, aperta, mobile e trasformativa è quello che vorremmo permeasse il pensare e il fare degli adulti, per essere prossimali alle ricerche intelligenti e “impertinenti” dei bambini. La ricerca porta con sé la scoperta e la meraviglia, due sensazioni che hanno molto a che fare con il piacere dell’apprendere. Stupore e meraviglia creano desiderio: il desiderio di continuare a esplorare quello che si sta incontrando, dilatando lo spazio-tempo dell’esperienza del conoscere e della relazione. Dobbiamo fare delle domande difficili, quelle che non sappiamo. Facili sono le domande di cui sappiamo le cose… “Ogni ricerca parte da delle domande”, Ronet, 9 anni.

Pensiamo che metterci in ascolto dei bambini voglia anche dire rinnovare la nostra attenzione alle domande che sono capaci di porsi. Sono domande che ci dicono di quello che i bambini stessi guardano, osservano, interrogano, ma ci dicono anche molto della curiosa e appassionante mobilitazione emotiva e cognitiva di cui sono intelligenti e sensibili portatori.

L’articolo integrale continua nel numero di dicembre di Tuttoscuola.

*Pedagogista, Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia

La scuola che sogniamo: ecco di cosa parliamo a dicembre

La scuola delle emozioni è il modello che presentiamo nel mese di dicembre all’interno del nostro progetto “La scuola che sogniamo”.

Nell’inserto pubblicato all’interno del numero 597 dicembre di Tuttoscuola, oltre a questo articolo di Italo Fiorin troverai i seguenti approfondimenti sulla scuola della ricerca:

Sguardo, rispetto, flessibilità. Insegnare è un’arte che si apprendedi Italo Fiorin
Tutte le emozioni sostengono il lavoro scolastico, di Daniele Novara
Curare le emozioni del team. Didattica ed emozioni, di Mauro Borra
L’esperienza di Reggio Emilia. Ricercando la bellezza di una scuola possibile e amabiledi Annalisa Rabotti, Pedagogista, Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia

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