Unesco: i ‘futuri’ dell’educazione

Nel settembre 2019 l’Unesco ha istituito una apposita commissione internazionale, presieduta dalla presidentessa della Federal Democratic Republic of Ethiopia, Sahle-Work Zewde, con il compito di redigere un rapporto sul tema Futures of Education: Learning to Become, la cui pubblicazione è in programma per il mese di novembre 2021.

L’idea è quella di “rethinking the role of education, learning and knowledge in light of the tremendous challenges and opportunities of predicted, possible, and preferred futures” (“ripensare il ruolo dell’educazione, dell’apprendimento e della conoscenza alla luce delle enormi sfide e opportunità connesse ai futuri previsti, possibili e preferiti”). Orizzonte temporale: l’anno 2050, ben oltre l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile lanciata dall’ONU nel 2015.

Come si vede non si parla del “futuro” dell’educazione ma di “futuri”. Coma mai si usa il plurale? Perché “Sarebbe irragionevole cercare di definire un unico futuro”, si legge tra le motivazioni dell’iniziativa, “inconcepibile imporre un unico futuro al mondo e irrealistico pensare di poter anticipare tutti gli aspetti del mondo nel 2050. La Commissione mira invece ad aprire il confronto per immaginare una pluralità di futuri possibili: futuri che si fondano su modi diversi di conoscere e di essere consentendo la cooperazione e l’azione collettiva intorno a cause comuni”.

La maggior parte dei 17 membri della commissione proviene in effetti da Paesi africani e asiatici con radici culturali diverse da quelle giudaico-cristiane, i cui rappresentanti sono in minoranza in seno all’ONU e anche all’interno di questa commissione. Condivisa da tutti, tuttavia, è l’idea che l’educazione sia comunque un “bene comune e pubblico”.

Nonostante i notevoli sforzi prodotti”, si osserva nella nota di aggiornamento diffusa a maggio, “le nostre attuali strategie non sono riuscite a garantire pari opportunità educative per tutti, e sono ancora meno adeguate ad affrontare nuove sfide. L’istruzione deve essere perciò rigenerata come responsabilità globale collettiva. Solo una sua radicale ristrutturazione (“reframing”) può rafforzare la nostra comune umanità e garantire relazioni sostenibili tra le persone, con la natura e con la tecnologia”. Sarà interessante vedere come il rapporto finale riuscirà a coniugare l’univocità dello scopo (l’educazione intesa come bene comune) e la diversità dei suoi “futuri possibili e preferiti”.