Prove Invalsi: quell’inspiegabile attacco. A rischio le conquiste raggiunte

L’emendamento in Milleproroghe che rinvia di un anno le prove Invalsi come requisito di ammissione all’esame di maturità prelude, come qualcuno teme, alla revisione dell’Invalsi?

Si tratterebbe di una possibile riforma di cui, tuttavia, non c’è traccia nel contratto di Governo, eppure …

Che significato ha tutto ciò? Di rischiare di perdere alcune “conquiste” raggiunte con un percorso durato decenni. Vediamone alcune, che Tuttoscuola aveva già sottolineato con l’uscita del Rapporto Invalsi 2018 pochi mesi fa.

I risultati delle prove Invalsi di quest’anno hanno garantito in primo luogo una maggiore attendibilità dei dati, dovuta alla pratica scomparsa del cheating (copiature, aiutini), favorita dall’uso del computer per gli alunni di terza media e del secondo anno di secondaria superiore: una sfida vinta sul piano tecnologico e organizzativo ma anche su quello pedagogico, perché l’impossibilità di copiare ha reso i risultati più autentici e gli studenti più responsabili.

In secondo luogo è emerso con maggiore chiarezza, sostenuta dai dati, un fatto che gli psico-pedagogisti più attenti alla dimensione sociale dei problemi educativi, da Aldo Visalberghi a Clotilde Pontecorvo, avevano segnalato già negli anni settanta dello scorso secolo: il forte dislivello di preparazione (oggi diremmo di competenze) tra gli alunni delle scuole del Sud e quelli delle regioni settentrionali, occultato da programmi e ordinamenti formalmente identici per tutto il Paese.

Ma si trattava di intuizioni, o di indagini empiriche condotte sperimentalmente su piccoli campioni. Solo con la trasformazione del Centro Europeo dell’Educazione (Cede) in Istituto Nazionale di Valutazione (Invalsi), e con il progressivo, ormai quasi ventennale, perfezionamento delle prove nazionali di misurazione dei livelli di apprendimento si sono potuti acquisire dati di tipo sistematico per analizzare più a fondo la questione dei divari di rendimento tra le scuole e dentro le scuole delle diverse regioni italiane.

La terza ragione dell’importanza del Rapporto Invalsi di quest’anno è costituita proprio da questa più ampia disponibilità di dati sistematici, che ha messo in luce il fatto che in alcune regioni – proprio in quelle che registrano i più alti tassi di dispersione, come la Campania, la Sicilia, la Sardegna e soprattutto la Calabria – il ritardo degli alunni rispetto alle prestazioni medie nazionali in italiano e matematica si registra già in seconda elementare, si amplia in quinta e si consolida in terza media.