Perché l’autunno nella scuola potrebbe essere più caldo del solito

Dopo la riuscita manifestazione di sabato a Roma dei metalmeccanici ci sono tutti gli ingredienti perché questo autunno sia piuttosto caldo anche per la scuola.

Precariato e tagli agli organici, motivo della protesta nella scuola, c’erano già stati anche lo scorso anno, quando la riforma Gelmini prevista dalle leggi del 2008 aveva preso l’avvio. Ma allora la protesta, circoscritta soprattutto al nodo precari e in parte attenuata con la legge salva-precari, non aveva trovato terreno fertile per esplodere, al di là di alcune fisiologiche manifestazioni di piazza.

Quest’anno la situazione è diversa perché vengono al pettine più questioni: avvio del riordino ordinamentale ed organizzativo dell’istruzione superiore liceale, tecnica e superiore, non gradito anche ad una parte di studenti; è saltato il rinnovo del contratto del personale né si vede quando potranno esserci aumenti di stipendio; la ferita del precariato si allarga e si aggrava per la mancanza di prospettive di soluzione; i tagli di organico fanno sentire gli effetti negativi di assestamento organizzativo anche sulle scuole del primo ciclo.

Ai problemi della scuola si aggiunge la situazione critica dell’università, orfana di una riforma rimasta a metà e accompagnata da un crescente movimento di protesta di studenti e ricercatori, la somma delle proteste danno fiato, come si è visto la settimana scorsa, ad un movimento di piazza che comincia a diventare consistente.

Dopo la manifestazione della Fiom, l’annuncio di sciopero generale e l’invito di Ventola ai precari di occupare la piazza, la protesta della scuola potrebbe fondersi ora con la protesta operaia (le prove generali ci sono già state sabato) in una miscela di movimenti protestatari radicali e politici.

La divisione del mondo sindacale potrebbe non bastare per arginare la protesta e soprattutto quella degli studenti, certamente non impauriti dal deterrente dei 50 giorni di assenza che fanno perdere l’anno. Le prossime settimane potrebbe risultare decisive, soprattutto se il governo non sarà in grado di fronteggiare le criticità sociali emergenti nel mondo del lavoro.