L’Invalsi e i suoi compiti/1

Più complessa si presenta, invece, la questione relativa agli standard di prestazione relativa agli obiettivi specifici di apprendimento elencati nelle Indicazioni nazionali. Al riguardo si registrano due scuole di pensiero.

La prima ritiene che gli standard devono essere definiti e decisi a livello nazionale dall’Invalsi o dal Ministero, la seconda, ripresa da Bertagna, che questo compito non può essere, invece, risolto a priori, in maniera centralistica, cioè stabilendo, a Roma, quali devono essere gli standard di prestazione a cui tutti i ragazzi si devono poi adeguare. Si deve eseguire, al contrario, coinvolgendo attivamente le scuole e i docenti, ed avvalorando, come peraltro vuole la legge n. 59/97 e l’art. 117 della Costituzione, l’autonomia delle istituzioni scolastiche e dei docenti.

In particolare, il prof Bertagna, prevede: «a) che i docenti accompagnino sempre gli obiettivi formativi delle loro unità di apprendimento con i relativi standard di prestazione (così come è richiesto dalle Indicazioni nazionali); b) che l’Invalsi individui un campione di scuole rappresentativo a livello nazionale, da monitorare nel tempo, con cui interloquire in maniera sistematica e da cui ricavare informazioni sugli standard di prestazione effettivamente raggiunti dai ragazzi negli obiettivi formativi delle diverse unità di apprendimento predisposte dai docenti sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento presentati nelle Indicazioni nazionali; all’Invalsi sarà più facile, e anche corretto, poi, a partire da questi standard reali, ricavare prove universali sulle conoscenze e abilità con standard di prestazione attesi nazionali che non siano né troppo bassi, né troppo alti rispetto alla media del campione, ma opportuni.