
Le Regioni: manovra inaccettabile, restituiamo le deleghe
La manovra finanziaria come è stata congegnata avrà pesanti ricadute su settori di rilevante importanza per i cittadini e le imprese (trasporto pubblico locale, istruzione, formazione, mercato del lavoro, incentivi alle imprese,etc). Sproporzionata nella ripartizione dei tagli di spesa tra i diversi livelli di governo del sistema paese, comporterà l’impossibilità di gestire le competenze delegate alle Regioni con la legge Bassanini n. 59/97 e con il decreto legislativo 112/98 (decentramento amministrativo).
Questi i motivi alla base della richiesta di Errani, presidente della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, al ministro per gli affari regionali Fitto di convocare una Conferenza Unificata straordinaria per definire l’Accordo di riconsegna alla Stato delle deleghe e delle competenze amministrative che le Regioni non potranno esercitare per il triennio 2010/2012 per la cancellazione dei connessi finanziamenti.
Un conto “troppo salato”, inaccettabile. Questa manovra va cambiata, è possibile e doveroso farlo ribadisce il presidente della Regione Lombardia Formigoni. “Occorre distribuire il carico dei sacrifici in modo proporzionale”. Al danno si unisce la “beffa”: “vengono tolti i finanziamenti per esercitare le funzioni, ma non ci vengono tolte le funzioni”.
La manovra – replica Tremonti – “… è necessaria … il decreto legge è stato disegnato come da impegno europeo … quanto alle richieste correzioni i margini sono molti ristretti e solo per emendamenti forniti di adeguata copertura”.
Le Regioni – replica Errani – “…vogliono farsi carico dei problemi del paese e sono pronte a fare la propria parte, firmando un accordo con il Governo con il quale si prescrive che ciascun soggetto costitutivo della Repubblica (Stato, Regione, Provincia e Comune) partecipi a concorrere ai 25 miliardi della manovra nelle proporzioni equilibrate in cui concorrono alla spesa pubblica”.
Il tempo stringe e sono in molti a ritenere che senza sostanziali cambiamenti non se ne esce.
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