Le deroghe alla dad che dividono il mondo della scuola/1: disabili e Bes in presenza

Con nota prot. 662 del 12 marzo il direttore della Direzione generale di competenza (quella dello studente) presso il ministero dell’istruzione ha fornito precisazioni sulla possibile presenza a scuola degli alunni con disabilità o con BES. Precisazioni rese necessarie dal fatto che tale possibilità era riferita, secondo l’art. 43 del DPCM  del 2 marzo, anche alle scuole in zona rossa.

A questa tipologia di alunni è consentita la possibilità di evitare la DAD e di seguire le attività didattiche in presenza.

Precisa la nota che le istituzioni scolastiche, “al fine di rendere effettivo il principio di inclusione, valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari”.

Una nota di ugual tenore era stata emanata anche a novembre (quella volta firmata dal capo dipartimento, Max Bruschi), ma non aveva provocato reazioni negative, se non alcune perplessità di applicazione.

Questa volta, invece, la netta reazione, se pur garbata nei modi, c’è stata. È venuta dall’ANP che ha rilevato come, rispetto alla nota di novembre, l’accesso viene consentito anche nelle zone rosse dove tutte le attività didattiche in presenza sono state sospese con evidenti difficoltà e rischi, stante il generale divieto per tutti.  

Pertanto l’ANP, non d’accordo sul lasciare tutta la responsabilità di attuazione di questa deroga eccezionale sulle spalle dei dirigenti scolastici, si rivolge direttamente al ministro.

“Riteniamo non ulteriormente procrastinabile – e di questo intendiamo discutere quanto prima con il Ministro Bianchi – la precisa definizione del perimetro di competenza dell’autonomia scolastica in merito all’adozione e alla gestione di misure volte a tutelare la salute collettiva piuttosto che il diritto all’istruzione”