Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Lavorare per competenze è un fatto consolidato?

Lavorare per competenze è un fatto consolidato?/1

Le riforme scolastiche nel nostro Paese subiscono sempre uno scarto tra il consenso politico che ottengono in Parlamento e l’applicazione nella quotidiana azione dei docenti. Sarà perché si susseguono troppo rapidamente e non si ha il tempo di assimilarle, oppure che si investe poco nella formazione per l’implementazione, sta di fatto che nonostante l’impegno dell’amministrazione ad emanare linee guida ed indicazioni di vario genere l’innovazione si fa strada sempre molto lentamente e a macchia di leopardo.

Prendiamo gli ultimi due periodi più significativi: quello di fine del secolo scorso con la didattica per obiettivi e dell’inizio del nuovo con le competenze. In entrambi i casi si trattava di porre al centro l’apprendimento e di utilizzare i contenuti per conseguire dei risultati in termini di conoscenze, ma anche di abilità da far emergere con metodiche attive. Da qui ne discendeva una valutazione basata sostanzialmente sulla descrizione del processo formativo e dei suoi traguardi, sulla base di un percorso personalizzato che andasse oltre la frammentazione disciplinare.

Questa modalità valutativa era contenuta nelle famose schede personali degli alunni, che però furono abolite per ritornare anche nella scuola primaria e secondaria di primo grado ai voti numerici, che avrebbero dovuto facilitare, così veniva detto, la comunicazione con le famiglie. Risultato più evidente invece che tali indicatori si adattavano molto meglio ad un’impostazione centrata sulla trasmissività dei contenuti, che era rimasta nell’operare concreto dei docenti.

Sulle competenze hanno investito, com’è noto, l’UE, ma anche la legge 53/2003 per quanto riguarda il primo ciclo. La 107/2015 ha cercato di consolidarne l’utilizzo nei diversi gradi del nostro sistema, proponendo modelli di certificazione su scala nazionale per quanto riguarda l’obbligo di istruzione e avvicinando sempre di più scuola e modo del lavoro.

Nella pratica questa diffusione è davvero avvenuta? Sembrerebbe di no, non abbastanza, e le motivazioni riecheggiano quanto abbiamo già sentito in passato. Il rapporto OCSE (2017) rimprovera l’Italia in quanto ha più difficoltà di altri Paesi a completare la transizione verso una società dinamica, così la definisce l’istituto di ricerca, fondata sulle competenze. Migliorare questa performance sarà cruciale per favorire una crescita che sia sostenibile e inclusiva in tutto il territorio nazionale. E questo vale a partire dai piccoli fino agli adulti, compresi i laureati, per meglio utilizzare i saperi, per i lavoratori e le imprese. Ci si riferisce soprattutto alle competenze di base e trasversali (digitali) ed all’apprendimento pratico.

 

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