La ‘squadra’ non si sceglie, si gioca con quella che capita
Chiamata diretta addio/2
La critica più decisa all’accordo sindacale che ha eliminato la chiamata diretta non è venuta – almeno per le dichiarazioni ufficiali finora rese – dalle Associazioni dei presidi (“un obbligo in meno”… ha detto il presidente dell’ANP) ma da quegli studiosi e commentatori di cose scolastiche che ritenevano e ritengono giusto, e nell’interesse degli studenti e della qualità del servizio, che a scegliere gli insegnanti sia la scuola, e non viceversa.
Tra questi l’economista Andrea Ichino, che sul Corriere della Sera(28 giugno 2018) ha scritto che “il nuovo governo ha usato la scuola per fare una cattiva ‘politica del lavoro’, sacrificando l’interesse degli studenti a quello della parte peggiore degli aspiranti insegnanti. Ma gli studenti e le generazioni future non votano alle prossime elezioni. Votano invece gli insegnanti e i sindacalisti che preferiscono le graduatorie alla selezione discrezionale”.
Ecco, il punto è quello della “selezione discrezionale”, che la legge 107 ha affidato al preside uti singulus, aggiungendo a questa incombenza anche la facoltà di premiare gli insegnanti da lui ritenuti più efficaci, attenendosi ai criteri definiti dal Comitato di valutazione. La combinazione di queste due attribuzioni ha dato luogo alla campagna sindacale contro il “preside sceriffo”, percepito come dominus e controparte degli insegnanti.
Per abbattere tale presunta ‘discrezionalità’ è stato messo da parte anche il principio che l’interesse degli studenti debba essere considerato prevalente su quello degli insegnanti, e che siano quindi le scuole a scegliere gli insegnanti, e non viceversa. Secondo Ichino la chiamata diretta dei professori da parte dei presidi era “uno dei pochi passi nella direzione giusta fatto dalla c.d. ‘Buona scuola’”, rivelatosi però “insufficiente proprio perché non aveva curato la necessità di incentivare i presidi ad assumere gli insegnanti migliori invece che i loro protetti”.
Se la 107 intendeva ispirarsi al modello anglosassone, così non è stato. Nel modello originale il preside è affiancato dal Senior Staff (vice-preside, uno o più assistant head teacher, capi dipartimento), opera in collegamento con i governors, e la scelta del nuovo docente, strettamente collegata al suo curriculum professionale e allo specifico fabbisogno della scuola, viene effettuata alla fine di un articolato percorso di selezione e interazione.
Ora non ci sarà né quel modello, né quello della chiamata diretta all’italiana (che è stata regolamentata con meccanismi di applicazione discutibili). Nessun “calciomercato delle cattedre”. Però alle scuole – e in particolare ai dirigenti scolastici – si continuerà a chiedere di realizzare gli obiettivi dello specifico Piano dell’offerta formativa, da realizzare con “i giocatori” che capiteranno. Sperando in un “Cristiano Ronaldo della cattedra” che abiti vicino alla propria scuola…
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