La scuola boccia la Cassazione

La Cassazione boccia gli insegnanti sentenziando che non possono minacciare gli allievi di bocciarli, ma viene a sua volta bocciata praticamente all’unanimità dal mondo della scuola, e da buona parte del mondo politico, per manifesta incompetenza in campo psico-pedagogico.

Così si può riassumere la clamorosa vicenda, finita sulle prime pagine dei giornali, da molti considerata come una indebita interferenza da parte di una magistratura ormai abituata a non riconoscere limiti alla propria azione.

Secondo la suprema Corte una frase del tipo “non hai più alcuna possibilità di essere promossa“, rivolta da un docente a un’allieva, ne ha condizionato la “libertà morale” perché per uno studente la “ingiusta prospettazione di una bocciatura rappresenta una delle peggiori evenienze“.

Ma un coro bipartisan si è levato in difesa non tanto del singolo insegnante in questione quanto dell’autonomia professionale di tutti gli insegnanti e del loro diritto di scegliere i modi migliori, minacce di bocciatura comprese, per incitare, e magari costringere, gli studenti a impegnarsi di più nello studio. Maria Pia Garavaglia (PD), ministro ombra dell’istruzione e a lungo insegnante, dice che così facendo un professore “fa solo il suo mestiere“, mentre Roberto Castelli (Lega) si dichiara “contento di aver frequentato un liceo in cui ci minacciavano un giorno sì e l’altro no“. Per Angela Nava, presidente del Coordinamento Genitori Democratici “stiamo sfiorando il ridicolo“.

Fuori del coro, un po’ a sorpresa, si pongono solo i presidi dell’ANP, il cui presidente Giorgio Rembado ritiene “importante che l’insegnante non superi mai il confine tra una corretta e necessaria stimolazione al miglioramento dello studente e una minaccia che possa configurare un comportamento lesivo nei suoi confronti“. Già, ma chi lo stabilisce quel confine?