La formazione risorsa obbligata (e obbligatoria) per qualificare il servizio. E ora?

Tra le priorità individuate dal ministro Azzolina nel suo decalogo per gli interventi urgenti nella scuola, postato su Facebook subito dopo il giuramento al Quirinale, vi è questo impegno: “Prioritario sarà il tema della formazione. Dei dirigenti, dei docenti, ma anche del personale ATA”.

Sono poche parole che ci auguriamo vengano rivestite, quanto prima, di progetti, di azioni, di approfondimenti e di chiarimenti, capaci anche di fugare definitivamente i dubbi sull’obbligo di aggiornamento degli insegnanti reintrodotto dalla legge 107/2015.

“Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”: recita così il comma 124.

Una parte del mondo sindacale che per anni aveva difeso il solo diritto all’aggiornamento, tacendo sull’obbligo, ancora oggi sembra indugiare su alcune interpretazioni capziose, ospitate su taluni siti web, del tipo “spetta al collegio dei docenti e non al preside definire il piano di aggiornamento, ma, se il collegio non decide…”. ; oppure, “l’aggiornamento fuori dalle 40 ore annuali deve essere retribuito…”.

Non è stato d’aiuto per fugare dubbi sull’obbligo di aggiornamento il CCNL 2016-18 che – a differenza dei precedenti CCNL quando l’aggiornamento era soltanto un diritto ed era stato accompagnato da ben nove articoli contrattuali – sulle modalità di attuazione dell’obbligo di formazione in servizio (fresco di riforma legislativa) questa volta ha speso il ‘minimo sindacale’.

Dopo una serie di dubbi avanzati da Tuttoscuola su alcune dizioni ambigue di un recente accordo (http://www.tuttoscuola.com/miur-e-sindacati-vogliono-rendere-la-formazione-dei-docenti-opzionale/ ), la Cisl scuola è intervenuta con decisione respingendo qualsiasi dubbio di attenuazione o revisione di quell’obbligo. In una nota di “Dirigenti News”, la newsletter della CISL Scuola per la dirigenza scolastica, ripresa dal sito cislscuola.it si afferma che “mai viene scritto nel contratto (né mai si è pensato) che l’aggiornamento non costituisca un dovere per il personale. È fuori discussione, infatti, che dal Piano di formazione d’istituto, che obbligatoriamente deve essere inserito nel PTOF, discendano obblighi precisi e ineludibili per tutto il personale”. Era il chiarimento – resosi necessario dopo che nella “Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo” si parlava esclusivamente di “diritto alla formazione in servizio” – che chiedevamo. Obiettivo raggiunto. E siamo grati al sindacato della Gissi di avere fugato ogni ambiguità in merito. Riteniamo auspicabile che un’uguale sollecitudine di chiarimento venga anche da parte delle altre sigle sindacali, ma la posizione autorevole del maggior sindacato rappresentativo della scuola conforta chi è convinto che la professionalità dei docenti abbia bisogno di essere continuamente aggiornata, come tutte le professioni investite dalla rivoluzione digitale del XXI secolo.

Se il ministro Azzolina, come ha dichiarato, vorrà mettere mano all’argomento ci auguriamo che si metta al lavoro con i sindacati per condividere la costruzione di un quadro esaustivo dell’obbligo di aggiornamento che, ad esempio, quantifichi il minimo di partecipazione di ogni docente, ne controlli l’assolvimento alla pari delle altre prestazioni di servizio, lo finalizzi come risorsa professionale con ricaduta accertata sulla qualificazione del servizio. Dal 2015, anno della legge 107, è stato introdotto l’obbligo ma non sono state definite precise e chiare modalità di implementazione da parte di quasi un milione di dipendenti, e questo non è all’altezza di un sistema di istruzione che possa competere nel nuovo millennio.