Istituti tecnici e professionali: un riordino che sa di antico

Molti criticano il Governo per una non troppo velata propensione centralista nelle scelte di politica scolastica.
Soprattutto le Regioni (per voce della coordinatrice degli assessori regionali all’istruzione Silvia Costa e dell’assessore dell’Emilia-Romagna Paola Manzini) hanno manifestato rammarico per non essere state consultate prima di inserire nel “provvedimento sulle liberalizzazioni norme che riguardano la scuola e soprattutto materie ritenute di legislazione concorrente“. Il rilievo riguarda soprattutto l’istruzione tecnico-professionale ed il raccordo con la formazione professionale.
I percorsi regionali sembrerebbero impossibilitati ad uno sviluppo verticale tale da consentire un accesso alla formazione superiore e all’alta formazione non accademica in stretta connessione con le esigenze di sviluppo regionale o sub regionale.
Secondo i rappresentanti delle Regioni, solo con il coinvolgimento della dimensione istituzionale territoriale regionale e locale può essere attivata ed alimentata la capacità di promuovere l’innovazione e la competitività tecnologica.
Lo Stato deve dedicarsi a definire solo il quadro normativo e le condizioni di contorno per non bloccare la valorizzazione del ruolo delle istituzioni più vicine ai cittadini e la sussidiarietà tra soggetti pubblici e privati.
Che ognuno faccia la propria parte, questo serve al Paese.