Fioramonti balla da solo?

Nel film di Bernardo Bertolucci ‘Io ballo da sola’ (1996) la protagonista scopre la propria identità solo alla fine di una vicenda personale di formazione che le consente, alla fine, di esprimersi più liberamente. Insomma, di ‘ballare da sola’. Un percorso al quale sembra ispirarsi Lorenzo Fioramonti che, da ministro, ha abbandonato le cautele e i silenzi che ne avevano caratterizzato l’azione (e le parole) da viceministro.

Così, in rapida successione, dopo una anteprima costituita dalla minaccia di dimettersi fatta ancora prima di giurare da ministro (se al suo ministero non saranno assegnati 3 miliardi ‘entro Natale’), Fioramonti ha avanzato una serie di proposte senza concordarle con il presidente Conte o con il ministro dell’economia, e neppure con il ‘capo politico’ del suo partito Di Maio, raccogliendo una serie di frenate e smentite che ne hanno evidenziato l’isolamento, il fatto insomma che ballava (parlava) da solo: dalla tassa sulle merendine e i viaggi in aereo alla giustificazione delle assenze per lo sciopero studentesco del 27 settembre, dalla sostituzione dei crocifissi con le cartine geografiche (e “non andrebbe bene neppure l’immagine di Mattarella…”) alla tiepida autocritica per le sue intemperanze verbali (sui social) di qualche anno fa contro Daniela Santanchè, Silvio Berlusconi e Renato Brunetta.

A questo punto i partiti e i media più ostili al M5S, alla ricerca di un bersaglio polemico capace di riempire il vuoto lasciato dall’uscita di Toninelli dal governo, lo hanno investito con violenza, rimproverandogli perfino la (ragionevole) decisione di iscrivere suo figlio di 7 anni, che finora aveva frequentato solo scuole sudafricane o tedesche di lingua inglese, e aveva difficoltà con l’italiano, ad una scuola internazionale: una scelta quasi obbligata per persone, come molti scienziati e diplomatici (ma anche imprenditori o giornalisti) che hanno incarichi e attività all’estero.

A questo punto, con colleghi di partito che prendono le distanze da lui, colleghi di governo che bloccano le sue proposte, e sindacati che solidarizzano con lui ma gli presentano un conto salato, che supererebbe abbondantemente i 3 miliardi richiesti (“altrimenti mi dimetto…”), ma per ora non concessi, che cosa deciderà di fare il ministro Fioramonti? Si accontenterà di mediazioni e compromessi, come molti suoi predecessori al Miur, o alzerà ulteriormente il tiro, magari per meglio giustificare un suo eventuale abbandono della partita e del governo? In politica ballare da soli è un esercizio difficile, al limite dell’impossibile, come hanno imparato (forse) solisti come Renzi e Salvini. Vedremo presto se anche Fioramonti ci proverà.