Droga e ragazzi: ecco cosa ci riserva il futuro

Affrontare questo argomento non è cosa facile. E non perché i numeri, le rilevazioni, le statistiche ci restituiscono una fotografia del problema che definire “preoccupante” è in qualche modo automatico. L’Italia è il secondo Paese in Europa per consumo di cannabis tra i giovani; il 19% dei nostri ragazzi ne fa uso, quasi uno su cinque. È quanto afferma la Relazione europea sulla droga dello scorso giugno da cui apprendiamo che le sostanze stimolanti illecite maggiormente diffuse in Europa, sono la cocaina, l’Ecstasy e le amfetamine: la prevalenza del consumo di cannabis è circa cinque volte superiore a quella di altre sostanze. Fra gli studenti di 24 Paesi, il 18 % in media dichiara di aver fatto uso di cannabis almeno una volta. Sempre nel nostro Paese, su 31mila segnalazioni “ex art. 75”, cioè “possesso personale di stupefacenti”, oltre 10 mila riguardano adolescenti fra i 14 e i 20 anni. Ci sono circa mille sostanze vietate in circolazione che, a volte, neppure la polizia conosce e presso i Ser.T. vi sono in cura ragazzi tra i 13 e i 19 anni, con dipendenze soprattutto da hashish, e altri, leggermente più grandi di età, per «fumo» e cocaina. Conosciamo storie note che investono anche le nostre scuole, le quali diventano luoghi privilegiati per la diffusione delle sostanze nocive consumate dai ragazzi coinvolti dal fenomeno, la metà dei quali ha cominciato nelle notti di movida. Di questo abbiamo parlato nel numero di febbraio di Tuttoscuola in un articolo a firma di Filomena Zamboli.

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Cosa ci dicono questi numeri, oltre la necessità di cercare – e trovare – strade per affrontare questa ferita del nostro tempo? Ci dicono che la solitudine, la fatica del crescere e dell’educare appartengono e investono la scuola. Non solo e non tanto per storie note, non ultima quella del Liceo Virgilio di Roma, dalle quali il problema emerge con cruda preoccupazione. Ci raccontano più discretamente le tante ispezioni con l’ausilio dei cani antidroga che avvengono più o meno regolarmente e indistintamente nelle scuole del nord come del sud e le indagini o i questionari lanciati sui social (Facebook e Instagram) cui rispondono i ragazzi che frequentano gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado. Gli esperti, nel nostro Paese, si contendono le ragioni per le quali è preferibile legalizzare l’uso delle droghe (leggere?) per cercare di arginare il fenomeno e autorevoli genitori che avrebbero bisogno di essere accompagnati a riconoscere il disagio e la domanda di senso e il grido silenzioso dei propri figli che sfocia in questo “sballo”.

È dello scorso agosto il Protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle politiche antidroga – che prevede una campagna di informazione rivolta agli studenti per spiegare i danni per la salute legati al consumo di alcol e droga, soprattutto in giovane età, e sensibilizzarli sui rischi derivanti dalla navigazione su siti internet e social network in cui si commercializzano pericolose sostanze psicoattive. Le azioni previste riguarderanno una formazione mirata per i docenti, tutti, anche coloro che lavorano nella scuola dell’Infanzia, svolta a cura di soggetti qualificati e scientificamente accreditati a livello nazionale mentre i genitori saranno coinvolti attraverso campagne di informazione e incontri finalizzati a individuare e trattare disturbi comportamentali e possibili criticità connessi a fenomeni di dipendenza. Una serie di azioni che aiuteranno anche la scuola ad affrontare il problema secondo modalità sistematiche e, finalmente, non in solitudine. Perché se essa è il luogo previlegiato per la formazione delle giovani generazioni, l’ambito nel quale, in maniera consapevole e finalizzata, gli studenti sono educati alla condivisione, ad imparare a stare con gli altri, ad acquisire valori, informazioni, conoscenze, per diventare adulti e cittadini responsabili, non si può prescindere dallacollaborazione con esperti, enti e associazioni, dal dialogo con la famiglia, per “accompagnarsi” nella missione educativa. “Il ruolo dei docenti è fondamentale per concorrere alla formazione delle nuove generazioni, non in sostituzione delle famiglie con cui occorre promuovere una sempre maggiore collaborazione, ma rafforzando la propria funzione di osservazione e monitoraggio di atteggiamenti, comportamenti e stili di vita”. Certo. Il ruolo della scuola è imprescindibile. Ma in realtà è ancora più importante che la società adulta riprenda consapevolezza di dover essere riferimento per i nostri ragazzi. “Dobbiamo smettere di considerare normale lo «sballo». La droga non ha risolto, anzi ha amplificato e cronicizzato le paure e le insicurezze da cui si tenta di fuggire, e così si deve ricominciare” scriveva non molto tempo fa Antonio Polito, autore anche di un testo sull’esercizio, il fascino e il bisogno della paternità nel nostro tempo. Da qui occorre ripartire: dall’esercizio della responsabilità degli adulti. Perché ancor prima di ipotizzare soluzioni più o meno liberali (legalizzazione) o repressive (interventi codificati delle forze dell’ordine, costituzione di corpi ad hoc per il controllo) occorre domandarsi e capire cosa desiderano i nostri ragazzi, a cosa aspirano, perché il niente li avvolge. Abbiamo approfondito questa tematica nel numero di febbraio di Tuttoscuola.

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