Dopo il Decreto legge 112: la riforma della scuola per via breve

Disposizioni in materia di organizzazione scolastica” è il minimalista titolo dell’art. 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112.

Minimalista nel titolo, ma denso di contenuti e obiettivi che vanno ben al di là della semplice materia organizzativa, per prefigurare veri e propri scenari di riforma, dalla “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola“, piani di studio e quadri orari compresi, “con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali” (comma 4, punto a), alla “rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria” (punto d) e alla “ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti” (punto f). Per non parlare degli effetti che investiranno non solo la dimensione organizzativa, ma anche quella didattica, derivanti dal previsto accorpamento delle classi di concorso (comma 4, punto a), dall’incremento di un punto entro l’anno 2011/2012 del rapporto alunni/docente (comma 1) e dalla stessa riduzione del 17% del personale ATA nel triennio 2009/2001 (comma 2).

Beninteso, niente che non fosse previsto in nuce, sia pure con qualche maggiore prudenza sui tempi (ma anche qualche maggiore “rupture” riformista, per esempio sul reclutamento dei docenti), anche dal precedente governo, come dimostra il Quaderno bianco sulla scuola (settembre 2007). Con la fondamentale differenza che ora gli scenari e le ipotesi sono diventati, se non interverranno cambiamenti nell’iter parlamentare del provvedimento, scelte concrete, decisioni operative, vincoli per l’attività di governo.

Potenzialmente il disposto dell’art. 64 del Decreto legge offre al governo una via breve per fare quelle riforme che il faticoso procedere delle leggi ordinarie ha finora rallentato o impedito. Non va sottovalutato però che la Conferenza dei Presidenti delle Regioni con una nota inviata al Governo ha sottolineato, tra l’altro, che l’art. 64 presenta profili di illegittimità costituzionale per “la mancanza di un definito campo di criteri determinati dal Parlamento, ai sensi dell’art. 75 della Costituzione“, che rendono discutibile l’attribuzione con decreto legge della delega al Ministro per la revisione dell’attuale sistema ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola.