Dirigenti scolastici in cerca di identità: c’era una volta il Preside

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Il 25 maggio migliaia di dirigenti scolastici (tremila secondo ANP, quasi la metà dei dirigenti di ruolo in attività) hanno partecipato alla manifestazione indetta a Roma con lo slogan “La rabbia dei Presidi” (http://www.tuttoscuola.com/dirigente-scolastico-lo-sceriffo-la-stella-latta/ ).

Ma perché ‘rabbia’, termine che fa pensare a qualcosa di nevrotico, di emotivamente poco controllato, e non ‘protesta’, o magari ‘ribellione’? La parola ‘rabbia’ suona quasi come l’esternazione di uno stato di frustrazione per non aver saputo o potuto portare a conclusione la lunga marcia dei capi di istituto verso la dirigenza, intrapresa trent’anni fa quando si cominciò a parlare anche in Italia – sull’onda di studi e proposte nate in ambiente Ocse – di decentramento e autonomia. ‘Rabbia’dunque per la lunga attesa, e le ripetute delusioni, di governo in governo, da una legislatura all’altra, che hanno sottoposto la categoria a una sorta di supplizio di Tantalo?

Oppure la scelta di parlare di ‘Presidi’, con la p maiuscola, nasconde una forse involontaria, subliminale nostalgia per un tempo in cui la figura del preside – che pure guadagnava poco più di un professore e quasi come un provveditore – aveva però una grande autorevolezza dentro e fuori della scuola e godeva di un elevato riconoscimento sociale e professionale? Come riconquistare questa posizione di prestigio? La via giusta è proprio quella della equiparazione alla dirigenza amministrativa? Per capire come è maturata la “rabbia dei Presidi” di oggi può essere utile gettare uno sguardo a come i presidi di ieri sono diventati dirigenti, o meglio dirigenti‘scolastici’.