Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Dall’Io al noi, la scuola incontra la comunità: studenti e chef insieme per dare pasti agli operatori dei drive in

Uscire dai problemi da soli è avarizia, uscirne insieme è politica”, scrivevano oltre cinquant’anni fa i ragazzi della scuola di Barbiana, guidati dal loro maestro, Don Lorenzo Milani. A distanza di molto tempo in Italia continuano le esperienze di apprendimento e servizio verso la propria comunità, facendo emergere quel filo rosso che lega la migliore tradizione didattica italiana alla cura (anche qui torna il motto della scuola di Barbiana, “I care”, che significa proprio “mi sta a cuore”) e all’impegno verso la propria comunità.

Oggi come ieri c’è chi non vuole uscire da solo dai problemi, anzi vuole farlo creando reti e impegnandosi concretamente, anche, anzi soprattutto, in tempi complessi come quelli che stiamo vivendo. Ci riferiamo al progetto “Drive in sotto le stelle”, che ha coinvolto chef stellati romani del calibro di Cristina Bowerman, Iside De Cesare, Roy Caceres e Giuseppe Di Iorio e studenti impegnati preparare gustosi snack da offrire ai sanitari impegnati nei Drive in romani.

Appena letta la notizia faccio in modo di mettermi in contatto con la Dirigente Scolastica, Prof.ssa Cristina Tonelli, appassionata e competente preside dell’Istituto Alberghiero Tor Carbone di Roma. Le chiedo un appuntamento per un’intervista per conoscere i dettagli di questo progetto così interessante, immaginando un dialogo a due. Ma devo presto ricredermi: a seconda delle domande, la dirigente mi lascia parlare con i vari docenti responsabili delle diverse aree del progetto, sottolineando da subito l’ottica di leadership distribuita che caratterizza il modo di lavorare di questo team. “Dall’io al noi” è lo slogan che mi sembra possa caratterizzare il modus operandi dell’Istituto Alberghiero Tor Carbone, e questo lo si evince a tutti i livelli.

Non si aspettavano tanta attenzione mediatica all’Istituto alberghiero Tor Carbone, invece il progetto si è rivelato di grande interesse. “Evidentemente abbiamo toccato tre poli di grande crisi del momento che sono la ristorazione, la scuola e la sanità. Abbiamo toccato il punto debole del momento, di sofferenza, che ha bisogno di risorse per riprendersi”, ci dice la preside Tonelli.

La descrizione della scuola è quella di una grande comunità attiva, che porta avanti i laboratori come previsto dalla norma, ma è “attiva anche perché cercano di spiegare, e di mostrare con i fatti, che “nei momenti di crisi bisogna agire, tirando fori il meglio di sè; è il momento in cui non bisogna lasciarsi andare, anche alla depressione, perché non ci sono stimoli. Noi cerchiamo di essere stimolo per loro stessi e per le loro vite. Da queste esperienze maturano posizioni di vita.”

L’idea del progetto nasce dal pensiero di una docente che, nel vedere le condizioni difficili attraverso le quali lavoravano i sanitari dei drive in, si è chiesta cosa la scuola potesse fare per loro. Successivamente è stata condivisa con docenti e studenti, che hanno partecipato anche alla realizzazione dei menù e con gli chef stellati, che sono amici della scuola, già impegnati in diversi progetti in passato. Anche qui, neanche a dirlo, si passa dall’io al noi, niente male.

La professoressa Scanavino, docente di cucina e tra le referenti del progetto ci racconta che gli chef coinvolti, amici della scuola e già impegnati in diversi progetti, hanno mostrato entusiasmo nel sostenere e promuovere il progetto. I menù sono espressione del territorio nel quale viviamo, così come i professionisti coinvolti. Questa attenzione è molto coerente con la nostra proposta didattica quotidiana. Sono stati scelti tre prodotti salati e uno dolce: i ragazzi si sono presi cura di tutto il processo produttivo, dalla nascita della ricetta, alla produzione, trasferimento e stoccaggio. Gli studenti sono stati i veri protagonisti dunque, si sono presi cura della produzione di un catering, obiettivo didattico fondamentale per un istituto alberghiero.

Un modo di fare scuola alternativo alla lezione frontale, ovviamente molto più utile ed efficace. Il comportamento degli studenti, anche di quelli con maggiori difficoltà, in questo progetto è stato irreprensibile, mostrando impegno e voglia di dedicarsi con passione a quanto stavano facendo. La solidarietà e la presa di coscienza dell’impegno ripagano sempre. Gli studenti si sono resi conto che quanto stanno facendo è un impegno che va oltre i muri di scuola e questo li ha resi molto motivati. “anche di più di quando fanno la normale lezione” conferma Scannavino. Valutare il loro lavoro – ricordiamo che quanto fatto è didattica e quindi oggetto di valutazione – sarà semplice, ci dice.

Il progetto è entusiasmante e sarei curioso di sapere se tutti gli studenti sono stati coinvolti, anche quelli con disabilità, spesso molto numerosi negli alberghieri. Scanavino però mi anticipa: il progetto ha avuto una forte valenza inclusiva. Parte del processo produttivo, quello relativo  al confezionamento,  è stato affidato a ragazzi con disabilità certificata, che sono stati responsabili e protagonisti di una parte cruciale della proposta didattica.

Dal noi al tutti, mi verrebbe da dire.

Il professor De Filippis, anche lui referente del progetto, ci sottolinea che l’obiettivo finale è la cura della persona umana sotto tutte le forme. “È una tradizione pedagogica che cerchiamo di portare avanti da tempo. Qualche anno fa, ad esempio, abbiamo realizzato in occasione del compleanno di papa Francesco, una cena per le persone più povere, utilizzando cibo che ci è stato donato. Lavorare per un bene comune è l’obiettivo principale del nostro insegnamento. I ragazzi devono imparare a lavorare in cucina insieme, noi stiamo cercando di mostrare loro che i loro talenti possono andare oltre al singolo piatto. E’ un’attenzione quasi “umanistica” di cura a 360 gradi. Non ci interessa formare il mero lavoratore, ma prenderci cura di uomini e donne, cercando di renderle persone migliori. In fondo è proprio questo lo scopo dell’educazione.”

Questo genere di esperienza di rimanda alla proposta pedagogica del Service Learning, sviluppata in Italia grazie all’impegno del professor Italo Fiorin, Presidente della scuola “Educare all’Incontro e alla Solidarietà” dell’università Lumsa. Secondo questo approccio gli studenti imparano meglio e con più passione se possono individuare un problema o un bisogna sociale da affrontare. In questo modo lo studio delle discipline non è più fittizio o indirizzato solo verso il voto, ma promuovo l’impegno sociale e civico. Nel Service Learning lo studente diventa quindi protagonista, come nel caso dei ragazzi e delle ragazze dell’Istituto Alberghiero di Tor Carbone, e mette il proprio sapere e il proprio impegno a servizio degli altri. Il passaggio dall’Io al noi, grazie alla passione di docenti, studenti e dirigente si fa concreto, reale. Questa, senza dubbio, è la scuola che sogniamo.

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