Cara Ministra, ho 29 anni e voglio fare l’insegnante

Pubblichiamo di seguito una lettera inviata alla nostra redazione da una giovanissima insegnante piena di passione per il suo mestiere.

«Cara Ministra Fedeli,

ho 29 anni e voglio fare la professoressa di italiano, storia e geografia. Potrei apparire come sfacciata, ma il tempo del “vorrei”, è terminato.

Io VOGLIO diventare una professoressa. Anzi mi piacerebbe che Lei riconosca chi come me, pur di accumulare esperienza come docente, lavora sfruttato e spesso umiliato nelle scuole private. Da circa tre anni, per lavorare e crescere come insegnante, fare esperienza e guadagnare per vivere in una città come Roma, faccio l’insegnante all’interno di una scuola privata. Lavoro con partita Iva. Per fare quello che desidero, sono stata costretta ad aprirla come ultima spiaggia, dopo milioni di curriculum inviati presso scuole paritarie e private.

Quali sono le conseguenze di una persona che lavora con partita Iva, guadagnando 10 euro l’ora ? Quanti soldi ogni mese devo mettere da parte? Tanti sacrifici per fare quello che desidero. Quello per cui ho studiato all’Università.

Il centro studi non viene mai contemplato. Non esistiamo. Siamo fantasmi, noi docenti dei centri studi. La nostra esperienza è fantasma. Perché? Cosa facciamo di male ? Non ci svegliamo la mattina forse, per andare ad insegnare come gli altri docenti? Cosa ci mette così in basso nella piramide scolastica? Il fatto di lavorare con ragazzi bocciati, oppure il fatto di lavorare con partita Iva per dieci euro l’ora, comprando i libri scolastici senza alcun bonus di 500 euro?

Lavoro da tre anni in classe, preparo le mie lezioni a casa, costruisco moduli didattici, utili a ragazzi che devono recuperare l’anno o gli anni persi. Non solo insegno loro le antiche civiltà, come sono nati i Comuni o come Mussolini è arrivato al potere. Insegno ai miei ragazzi ad amarsi dopo una bocciatura, ad avere fiducia nel fatto che possono farcela.

Mi creda, non c’è esperienza più bella di questa: motivare i giovani ragazzi a farcela.

Nel centro studi dove lavoro, non ci sono solo ragazzi bocciati nella scuola statale a causa del poco impegno. Ci sono anche studenti che per colpa del bullismo non riescono ad andare a scuola. Ragazzi bocciati nonostante la certificazione DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento). Ragazzi, con genitori assenti, abbandonati in una scuola privata, perché prendersi cura della bocciatura del proprio figlio, sarebbe troppo.

Ministra, Lei ha idea di quanta esperienza ho fatto in questi tre anni? Ha idea di quanto questi ragazzi mi abbiano insegnato, per il mio futuro da professoressa? Lo sa che i 24 crediti utili per partecipare al prossimo concorso non mi danno la metà di quello che questi ragazzi mi hanno dato?

A tal proposito, mi soffermerei su questi 24 cfu. Chiedo apertamente di dare la giusta dignità alla mia esperienza e a quella dei docenti nella mia stessa condizione. Abbiamo tre anni di esperienza come docente? Perché dobbiamo pagare 500 o 700 euro per questi esami, solo per il fatto che la nostra esperienza non proviene da una scuola statale? Come farò a crescere nelle graduatorie, se il mio lavoro non viene considerato?

Non si parla mai di noi, ma siamo dentro la scuola, più di quanto si possa pensare. Prendiamo i ragazzi che la statale manda indietro, e lo facciamo con una passione incondizionata.

Non siamo “diplomifici” come anche i colleghi di ruolo spesso ci definiscono. Non regaliamo diplomi. Prepariamo i ragazzi, che è diverso.

La invito a venire a vedere con i Suoi occhi come lavoriamo, quanto lavoriamo e la passione che ci mettiamo. A vedere che siamo insegnanti come gli altri. 

Continuerò, nonostante tutto, ad amare ogni giorno il mio lavoro. 

Ho ventinove anni, voglio fare la professoressa e vorrei delle risposte a tutte le mie domande».

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