Tuttoscuola: Studenti

Apprendistato e diploma? Una strada da percorrere

23 ottobre 2017

Agli apprendisti di un tempo venivano fatte acquisire performance professionalizzanti, ma erano carenti nella formazione generale e personale; la scuola costituiva l’occasione per colmare questa lacuna, ma anche per favorire l’emancipazione dei lavoratori ed una maggiore equità sociale. Raggiunta la scolarizzazione di massa, con la progressiva elevazione dell’obbligo, si pensava di aver ottenuto una base...

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Milena Rossi Saiani lunedì 23 ottobre 2017

E’ evidente come la vorticosa mobilità dei docenti contraddice e vanifica gran parte degli elementi costitutivi della “scuola che sia buona davvero”. Le relazioni tra docenti e ragazzi, genitori e colleghi si fanno precarie, provvisorie, superficiali. La progettazione dell’offerta resta per lo più confinata sulla carta, per il cambio continuo degli operatori, diversi per capacità e convinzioni didattiche. Gli apprendimenti risultano spesso insoddisfacenti per i ragazzi e inadeguati per il proseguimento degli studi. La valutazione degli allievi appare per lo più improvvisata e scarsamente documentata. Per non parlare del sostegno ai disabili reso in molti casi discontinuo e inconsistente per il numeroso alternarsi di titolari, supplenti e “aventi diritto”. - Bisogna dire che i diritti dei ragazzi sono considerati dei “derivati” rispetto ai prioritari diritti dei docenti. Neppure le leggi sono state in grado di salvaguardare la continuità educativa e la qualità del servizio scolastico. Gli interessi forti delle corporazioni e dei partiti hanno messo in forse persino i principi di legalità e di giustizia. Infatti quando le normative hanno tentato di limitare la mobilità dei docenti i sindacati sono riusciti a vanificarle. Negli anni settanta era obbligatorio per i docenti essere residenti nelle sedi di servizio, ma gradualmente tale dovere è stato annullato. Negli anni ottanta la legge 392 – 1981 “vietava i movimenti di personale docente dopo il ventesimo giorno dall’inizio dell’anno scolastico”, ma questi hanno continuato a muoversi di sede per la gran parte dell’anno. Nel 2004 un Decreto Legislativo stabiliva: ”Il miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione, nonché la continuità didattica sono assicurati anche attraverso la permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo corrispondente al periodo didattico” ma questa disposizione fu “disapplicata(!)” immediatamente con il cambio del Ministro. La legge 106 – 2011 che riprovò a imporre “ai docenti di prima nomina di rimanere nella stessa provincia per almeno cinque anni”, fu corretta dopo pochi mesi dalla legge 128 – 2013 che portava la permanenza a tre anni. La recente legge della buona scuola ha confermato per i docenti “l’incarico di durata triennale in coerenza con il piano dell’offerta formativa della scuola (comma 80)” ma, cambiato il Governo, MIUR e sindacati hanno deciso che “.Viene superato (!) il blocco triennale per tutti (compreso quello degli ambiti)”, nonostante che la medesima legge stabilisca che.”Sono inefficaci le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge” (legge 107 – 2015 comma 196).

Milena Rossi Saiani lunedì 23 ottobre 2017

Dove mettiamo la legalità, tanto esaltata dal sindacato? C'è una legge e i sindacati invece di applicarla, prima la disapplicano per un anno ed ora la vogliono cambiare .. come dire che chi è forte ha sempre modo di non attenersi alla legalità: trasgredendola fino a che non si riesce a cambiarla. La triennalità di permanenza dei docenti è indispensabile per non vanificare ogni possibilità di programmare, realizzare quanto programmato, verificare i risultati e valutare gli allievi con competenza umana e culturale. Il trasferimento annuale impedisce gran parte della qualità possibile nella scuola.

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