Dal periodo di permanenza al trattamento economico: le novità del ddl scuole italiane all’estero

Deleghe Buona Scuola, i decreti applicativi/10

Lo schema di decreto legislativo dedicato alle scuole italiane all’estero può sembrare marginale rispetto agli altri sette schemi approvati in prima lettura dal CdM, per la quota ridottissima di personale statale di ruolo interessato: 624 unità tra dirigenti scolastici, docenti e personale Ata, che saranno elevati di altre 50 unità dal 2018 per garantire il sostegno agli alunni con disabilità e per potenziare determinati settori, quali arte, cinema e musica.

Rispetto alle 830 mila unità di personale statale di ruolo nel territorio metropolitano quei 674 rappresentano infatti soltanto lo 0,1% rispetto al dato complessivo nazionale, ma non è il semplice dato quantitativo che può valere in questo particolare settore del sistema d’istruzione italiano fisicamente lontanissimo dal nostro Paese.

Infatti il sistema della formazione italiana nel mondo non prevede soltanto le scuole all’estero amministrate dallo Stato, ma anche scuole paritarie all’estero, altre scuole italiane all’estero, associazione delle scuole italiane all’estero, iniziative per la lingua e la cultura italiana all’estero e lettorati.

Si tratta, come si vede, di un sistema formativo molto articolato a cui sovrintendono il Miur (Ministero dell’istruzione) e il Maeci (Ministero degli affari esteri e della Cooperazione Internazionale), e vanno anche considerati i 4 milioni di italiani all’estero che a quei presidi formativi fanno riferimento soprattutto per i loro figli in età scolare.

Lo schema di decreto legislativo recante disciplina delle scuole italiane all’estero, in attuazione del comma 181, lett. h) della legge 107/15 si diffonde ampiamente nella revisione, riordino e adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero al fine di realizzare un effettivo e sinergico coordinamento tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nella gestione della rete scolastica e della promozione della lingua italiana all’estero.

Lo schema definisce i criteri e le modalità di selezione, destinazione e permanenza in sede del personale docente e amministrativo; ridetermina la revisione del trattamento economico del personale docente e amministrativo statale; ridefinisce la disciplina dell’insegnamento di materie obbligatorie secondo la legislazione locale o l’ordinamento scolastico italiano da affidare a insegnanti a contratto locale.

Lo schema di decreto ridefinisce tipologia e funzione dei vari momenti del sistema.

Scuole amministrate dallo Stato (artt. 3, 4 e 5): sono scuole delle quali lo Stato italiano assume la piena responsabilità gestionale, conferita ad un dirigente scolastico inviato dall’Italia. Sono scuole che si conformano all’ordinamento italiano, pur potendo essere autorizzate varianti in relazione alle esigenze locali (ad esempio, i licei italiani all’estero hanno durata quadriennale, per uniformare l’età di uscita dalla scuola secondaria con quella di molti Paesi esteri.

Sono regolate anche le varie tipologie di scuole italiane all’estero non gestite dallo Stato. Oltre alla conferma delle tipologie già previste (scuole paritarie e non paritarie: artt. 6 e 7), sono disciplinate le sezioni italiane all’interno di scuole pubbliche o private straniere (art. 7), sono introdotte forme di partenariato pubblico privato (alt. 9, commi l e 2) e si prevede la possibilità che, in coerenza con i principi di autonomia, le scuole statali organizzino sezioni ad ordinamento misto o locale (art. 9, comma 3) iniziative per la lingua e la cultura italiana all’estero.

Una novità rilevante riguarda la durata del servizio del personale statale all’estero (art. 19 e 20): vengono disciplinate le modalità di destinazione all’estero del personale selezionato e si unificano periodo minimo e massimo di permanenza, prevedendo l’invio in un’unica sede per sei anni (attualmente è previsto un massimo complessivo di nove anni anche in più sedi e un minimo di tre anni). La ragione della scelta sembra sia quella di voler assicurare un’adeguata continuità didattica evitando nel contempo un eccessivo distacco dalla realtà italiana: il personale inviato dall’Italia deve restare espressione del nostro Paese. In realtà immaginando il caso di un docente che abbia il pieno gradimento degli studenti e della comunità scolastica, il fatto di dover interrompere per legge il mandato comporta una “discontinuità obbligata”, che non si concilia con le esigenze del servizio reso agli studenti. Insomma se è comprensibile che sia previsto un periodo minimo di permanenza (appunto per tutelare la continuità didattica), molto meno è il periodo massimo, che ora viene ridotto da 9 a 6 anni.

Per la selezione e la destinazione all’estero del personale (art. 18) si sono mantenuti i requisiti già previsti con l’innalzamento da due a tre anni di servizio di ruolo in territorio italiano, prevedendo la pubblicità della selezione e indicando criteri di selezione, focalizzati sulle specifiche competenze linguistiche e didattiche necessarie per l’insegnamento all’estero ad alunni prevalentemente non di madrelingua italiana.

Formazione del personale. In particolare, per garantire la qualità della formazione italiana nel mondo, l’articolo 14 dispone la formazione propedeutica e in servizio del personale da destinare all’estero per garantire un adeguato livello qualitativo dell’intervento formativo. Sarà previsto in merito uno specifico decreto interministeriale disciplinato.

Per il trattamento economico all’estero (art. 28): si estendono al personale della scuola le regole previste per il trattamento economico all’estero del personale MAECI.

Il riordino delle scuole all’estero comporterà l’impiego di 53,6 milioni per il 2017, 55,3 milioni per il 2018 e 57 milioni per il 2019, in buona misura a carico del Ministero degli Esteri (per il 2019 il Miur partecipa con 4 milioni).

Leggi le nostre analisi dei decreti delegati:

 Testi

Inclusione
– Inclusione: prima riflessione sulle innovazioni principali
Sostegno: il decreto delegato non garantisce la continuità didattica 
Ddl inclusione: che fine ha fatto la continuità didattica?

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