Ritorno a scuola: educazione sanitaria e al bello (di pomeriggio). Idee per il dopo coronavirus

Intervista al Prof. Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria e membro del comitato tecnico-scientifico del Governo. “Anche i bambini si ammalano, sia pure in forme più lievi. E potrebbero essere contagiosi”. Ci vorranno mascherine per il personale. Allo studio soluzioni per tornare in sicurezza a scuola, che dipenderanno dall’andamento epidemiologico. Ma si progetta anche la scuola del futuro: una scuola aperta, accogliente ed equa “risolverebbe gran parte dei disturbi del comportamento”. Con conseguenti risparmi per la collettività.
a.c. e d.c.Il coronavirus è uno spartiacque della storia. “Non possiamo fare finta che il virus non esista. Se non stiamo attenti, rischiamo una brutta fine”
Di Anna Maria De Luca

Il Prof. Alberto Villani è presidente della Società Italiana di Pediatria, responsabile di Pediatria generale e malattie infettive all’ospedale “Bambino Gesù” di Roma e membro del comitato tecnico-scientifico del Governo per l’emergenza Coronavirus. Lo abbiamo intervistato per avere un’idea più chiara su cosa accadrà a settembre. Quella che ci delinea è una idea di scuola innovativa, se non rivoluzionaria, perché a suo giudizio esistono due mondi ben diversi: ante coronavirus e dopo coronavirus (a.c. e d.c.). Anche la scuola dovrà imparare a vivere nella maniera più normale possibile nella nuova situazione, non possiamo fare finta che non esista.

Le proposte del prof. Villani arricchiscono il dibattito in corso al quale Tuttoscuola partecipa attivamente con progetti come La scuola che sogniamo, iniziative come #LaScuolaAiutaLaScuola, articoli e webinar (citiamo solo i prossimi: “La scuola accessibile: tra didattica in presenza e DaD”, con la partecipazione di politici di primo piano come l’ex ministra Valeria Fedeli e Valentina Aprea e “Finire bene… ricominciare meglio”, incontro con l’ex Comitato per le Indicazioni nazionali del primo ciclo con idee e suggerimenti per andare oltre l’emergenza).

Professore, veramente è possibile riaprire le scuole a settembre? Pensando anche solo agli aspetti pratici della situazione, servirebbero almeno due mascherine al giorno per ogni studente….

“Il primo punto sarà stabilire che tipo di mascherina dovranno portare gli studenti. E’ infatti importante distinguere le mascherine di interesse sanitario da quelle di comunità che devono, certo, coprire naso e bocca ma possono essere fatte di diversi materiali. Il ministro dell’istruzione Azzolina ha dato vita ad una serie di comitati e commissioni per studiare al meglio tutto questo. Io ne faccio parte e posso testimoniare che si sta lavorando tantissimo. Il comitato è coordinato dal prof. Patrizio Bianchi dell’Università di Ferrara e, proprio per rispettare tutte le competenze necessarie, è composto non solo da figure del mondo della scuola, ma anche da architetti, sociologi, avvocati, pediatri. Per settembre saranno dunque elaborate delle proposte che saranno fortemente condizionate dall’andamento epidemiologico”.

Si respira un’aria di pressione nei confronti del Governo…

“Molti, spesso, dimenticano che non dipende né dal ministro, né dal governo, né dagli esperti: dipende dal coronavirus,da questo terribile virus che ha paralizzato il mondo e determinato una pandemia mondiale. In base a quelli che saranno gli sviluppi della situazione sarà possibile aprire le scuole nelle modalità che il coronavirus ci riserverà. Sono stati previsti degli scenari che tengono conto di diverse situazioni: in base a queste sarà possibile attivare delle soluzioni. Aggiungo anche -e questo fa veramente onore al ministro -che non sono in atto solo attività per cercare di trovare delle soluzioni contingenti immediate. Si sta pensando alla scuola del futuro, in collaborazione con il ministro per le pari opportunità e per la famiglia Elena Bonetti, con il sottosegretario alla sanità per le politiche dell’età evolutive, on. Sandra Zampa, con il contributo di molte associazioni e società scientifiche”.

Quindi adesso è prematuro poter dire qualcosa sulla riapertura delle scuole a settembre?

“Se lo scenario che si va prospettando è quello che ci stiamo ritrovando adesso, cioè di contenimento, si potrà ricominciare a settembre ma le modalità dovranno essere stabilite in base a quella che sarà la situazione. E’come domandare quando riprenderà la scuola nello Yemen bombardato o nella Siria durante la guerra civile, ma con la differenza che le guerre si sa che prima o poi finiranno mentre non sappiamo ancora cosa ci riserverà il coronavirus: se è possibile che ci siano re-infezioni, casi gravi, che si esaurisca o che diventi un virus influenzale con dei picchi stagionali. Dobbiamo verificare quale sarà la situazione a fine estate e, in base a questa, rendere la vita più normale possibile per tutti ma compatibilmente con questo nemico. Ricordiamoci la scena delle bare a Bergamo per capire di cosa stiamo parlando”.

Quanto è grande il rischio contagio per i bambini?

“Non è vero che non contraggano il virus. Il dato oggettivo è che i bambini si ammalano main forme cliniche molto più lievie diverse da quelle degli adulti e degli anziani che invece vanno frequentemente incontro a decessi e ad una malattia molto grave che è la polmonite interstiziale acuta. Ricordiamoci poi che i bambini sono stati a casa, non sono andati a scuola: il fatto che si siano contagiati di meno può dipendere anche da questo, così come da qualche fattore immunitario che deve essere ben determinato e descritto. Molta ricerca si sta facendo su questo. Una cosa è l’infezione e un’altra cosa è la malattia: può darsi che si infettino come gli adulti, può darsi che siano contagiosi come, o anche più o meno, degli adulti. Questo ancora non possiamo dirlo. Il dato certo è che contraggono delle forme, almeno in Italia, decisamente più lievi”.

Quali precauzioni dovrà prendere il personale scolastico, tenuto anche conto che il 39% ha un’età superiore a 55 anni?

“Molto probabilmente, se la situazione epidemiologica lo richiederà, sarà importante che il personale della scuola indossi delle mascherine di comunità”.

Quali consigli può dare ai genitori ora che escono con i bambini?

“Mi sto battendo all’interno della commissione Miur su tre fronti: l’obbligo di educazione sanitaria dalla materna alle superiori, l’obbligo di educazione civica dalla materna alle superiori, la possibilità di fare attività didattica al mattino per poi dedicare il pomeriggio all’educazione al bello, all’arte, per rendere la scuola realmente un luogo equo”.

In questa idea di scuola, come immagina l’educazione sanitaria?

“Solo facendo educazione sanitaria si può risolvere l’annoso problema dell’analfabetismo sanitario che vede l’Italia al penultimo posto tra i 27 Paesi Ocse. Fare educazione sanitaria in modo tale che non si senta più dire che le vaccinazioni non vanno fatte; che ci sia una diversa coscienza sanitaria; che si faccia un uso cosciente delle medicine, all’occorrenza cioè solo quando servono; che si acceda al Pronto Soccorso quando ci sia una reale necessità; che si curi l’igiene; che ci si alimenti in maniera corretta”.

E nei pomeriggi cosa farebbero i ragazzi?

“Educazione al bello, quindi l’arte: prima praticata, dipingendo, scolpendo, facendo mosaici, e poi ammirata nei musei italiani. Sport per tutti i bambini, con convenzioni con il Coni e altre realtà. Educazione alla musica: suonare lo strumento, conoscere la musica, ascoltarla e andare ai concerti. Aggiungo: in convenzione con Federcuochi, con le scuole alberghiere, sarebbe possibile fare in modo che ci siano, a scuola, dei luoghi dove cucinare e mangiare coinvolgendo gli studenti di ogni ordine e grado. Questo farebbe finalmente nascere nelle scuole l’educazione nutrizionale, alimentare; scomparirebbe l’obesità. Una scuola fatta in questo modo, ed è possibile farla, rappresenterebbe un risparmio”.

Risparmio nel senso di prevenzione?

“Noi oggi abbiamo sotto gli occhi l’obesità, la nocività rappresentata dall’abuso di fumo e alcool già nei pre adolescenti, dipendenze da droghe e da videogiochi. Una scuola pensata in questo modo risolverebbe gran parte di quelli che sono definiti come disturbi del comportamento. Una scuola così comprensiva ed accogliente, equa, garantirebbe anche all’ultimo tra gli ultimi l’accesso a quegli insegnamenti oggi appannaggio quasi esclusivo di chi se li può permettere. Dobbiamo garantire quel milione di soggetti in età evolutiva che hanno “necessità esistenziali complesse”: soprattutto loro dovranno fare educazione al bello, alla creatività, perché così li faremo stare bene, oltre a curarli dal punto di vista sanitario. L’Italia affronta spese enormi per il recupero delle persone, quando arrivano a star male. Noi dobbiamo anticipare, curando  la povertà educativa e culturale. Se offriamo queste chances a tutti i bambini e, mi creda, non è questione di spesa –  ci sono esempi virtuosi – sarebbe risolutivo per la nostra società e la nostra scuola. Noi, come pediatri, questo caldeggiamo”.

Con la didattica a distanza aumenta il fenomeno dei genitori che si sostituiscono ai figli nel fare i compiti. Pensando di aiutarli, tolgono loro la possibilità di migliorare con le proprie forze. Cosa dire loro?

“Si parla molto della genitorialità ma il tema non è che prima del Covid fossero o non fossero in grado: semplicemente, non c’erano, non erano quasi mai a casa. Lo stare a casa ha fatto riscoprire ai genitori i figli e viceversa. Dopo una fase iniziale di crisi, si è instaurato un feeling. Il punto è che il genitore, proprio perché non è abituato a fare il genitore, invece di far crescere il bambino tende a supplire alle necessità: spesso si conserva l’atteggiamento di rispondere alle esigenze e non di favorire la crescita maturativa del bambino”.

Può anticiparci qualcosa del lavoro che state svolgendo nel comitato tecnico del Governo?

“Va chiarito a tutti che il comitato tecnico scientifico è un organo consultivo: vengono chiesti dei pareri e vengono dati dei pareri in base a quella che è la situazione epidemiologica. Il coronavirus ha bloccato il mondo, ha determinato morti e di questo dobbiamo tener conto. In base alla situazione epidemiologica ed ai pareri che diamo, poi è la politica che decide facendo valutazioni a 360 gradi, non considerando solo gli aspetti clinici ma tutto”.

Quindi, per chiudere questa nostra conversazione, possiamo dire che anche se i segnali sono positivi ancora tutto è da valutare e da vedere, non dobbiamo illuderci…

“Va ben chiarito a tutti: a.c. e d.c. Sembra blasfemo, ma dobbiamo avere presente che esistono due mondi ben diversi: ante coronavirus e dopo coronavirus. Dobbiamo imparare a vivere in questa situazione nella maniera più normale possibile ma non possiamo fare finta che non esista. Non andrei a passeggio a Damasco durante la guerra civile siriana: siamo in una situazione in cui, se non stiamo attenti, rischiamo una brutta fine”.