Educare al Sentido

Pubblichiamo di seguito un intervento di Italo Fiorin già postato sulla sua pagina Facebook:

La scuola si trova di fronte a due grandi sfide: la carenza di pensiero; la carenza di senso.

E. Morin segnala l’importanza di educare a “pensare la complessità”, come antidoto all’impoverimento del pensiero, al dilagare dei populismi, ai rischi della manipolazione.
Educare al pensiero rappresenta un’urgenza, in un periodo nel quale la crisi delle democrazie è evidente.
La metafora della ‘testa ben fatta’, che oggi viene riproposta e contrapposta alla ‘testa ben piena’, descrive bene questa prospettiva.

Ma pur riconoscendo quanto avere una ‘testa ben fatta’ sia necessario, è, però, sufficiente?

Aristotele ci ricorda che conoscere il bene non è sufficiente: per agire bene bisogna desiderare il bene, volerlo.
Ma anche volerlo è sufficiente?

S. Agostino dice: “Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.”

Dunque, sembrerebbe non essere sufficiente nemmeno la forza di volontà, la determinazione.
Una chiave risolutiva ce la offre R. Aron, quando, a proposito dell’occupazione di Parigi da parte dei nazisti, dice: “Noi lo sapevamo, ma non ci credevamo, e, proprio perché non ci credevamo, non lo sapevamo”.

Che cosa voleva veramente dire con questa affermazione apparentemente paradossale?

L’espressione “Sentido” è difficilmente traducibile. Né l’espressione italiana “senso”, né quella inglese “meaning” restituiscono con esattezza lo stesso significato. “Sentido” rimanda alla comprensione profonda, empatica, compassionevole, ma al tempo stesso razionale. La Bibbia usa l’espressione ’sapienza del cuore’. La ragione, da sola, non è sufficiente. Per questo R. Aron non poteva credere a quello che pure gli avvenimenti stavano delineando: che i nazisti sarebbero entrati a Parigi era un evento inimmaginabile.

Che cosa serve, dunque, per comprendere veramente?

Per H. Arendt “altro è conoscere, altro comprendere, altro prendere posizione e agire”.

Dal punto di vista educativo e didattico si pone il problema di come aiutare gli studenti a compiere il passaggio dal conoscere, al comprendere, all’agire. Questo interrogativo incrocia un secondo problema: come dare senso all’apprendimento.

La proposta pedagogica del Service-Learning offre una risposta convincente. Una risposta che ha radici filosofiche e pedagogiche molto solide, sviluppandosi sull’imprinting di due grandi figure. J. Dewey, che, con il suo “Se faccio, capisco” ci ricorda il valore dell’esperienza, e della ricerca; P. Freire, che ci ricorda che “Non si sta al mondo con i guanti bianchi”, e che l’educazione autentica è trasformazione.

Altrettanto solide sono le radici psicologiche, a proposito di quanto sia importante la motivazione ad apprendere, e di come si possa suscitarla. Diceva don Milani: “Agli svogliati basta dare uno scopo, ma che sia grande”.

Ci sono cinque verbi che descrivono in termini suggestivi un itinerario di Service-Learning, evidenziando come si intreccia l’educazione al pensiero critico e all’agire responsabile:

Incontrare (la realtà), Comprendere (i problemi), Agire (per offrire un contributo solidale), Riflettere (per approfondire), Esprimere (per comunicare quanto si è vissuto, capito, sentito).

Questi verbi formano uno straordinario acronimo: I CARE.

Per approfondire: I. Fiorin, Oltre l’aula. La proposta pedagogica del Service-Learning, Mondadori, Milano, 2016.

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