Ma lo sanno tutti che l’aggiornamento è obbligatorio?

La formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria dal 2015 (legge 107), ma ad oggi non è stata ancora regolamentata. Quante ore minime all’anno di formazione deve fare un docente? Chi ne controlla l’assolvimento? A quali benefici può aspirare chi cura e approfondisce in modo ottimale il proprio aggiornamento, con ricaduta accertata sulla qualificazione del servizio?

Domande alle quali nessuno in quasi cinque anni si è premurato di dare una risposta. E così un universo di un milione di professionisti dell’educazione naviga a vista.

Nel piano per la formazione professionale dei docenti per il triennio 2016-2019, allegato al decreto ministeriale 797/2016, si legge, tra l’altro: “la formazione è un dovere profes­sionale oltre che un diritto contrat­tuale. Ai singoli insegnanti spetta inserire, nel proprio codice di com­portamento professionale, la cura della propria formazione come scel­ta personale prima ancora che come obbligo derivante dallo status di dipendente pubblico. La formazio­ne continua è parte integrante della funzione docente (artt. 26 e 29 del CCNL 2006-2009) e ora la legge 107/2015 (La Buona Scuola) ricono­sce e dà forza a questo principio, lo correda di alcune regole di funzio­namento, inserite in questo Piano, e lo dota di risorse finanziarie”.

Non sappiamo se tutti i docenti e anche tutti i dirigenti scolastici conoscono quel piano e hanno anche piena consapevolezza di quell’obbligo posto dalla legge 107/15 quasi cinque anni fa (comma 124: “la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”).

Emblematico, in proposito, un episodio di qualche giorno fa a Roma nel corso di un incontro di dirigenti scolastici di un ambito territoriale per definire l’impiego delle risorse per l’aggiornamento.

Nel corso degli interventi, una dirigente, correggendo l’affermazione di una collega che ricordava l’esistenza dell’obbligo di aggiornamento per i docenti, ha affermato con decisione (forse memore di quanto avvenuto per anni) che non era mai esistito tale obbligo. Sorprendentemente, nessuno tra i presenti è intervenuto in merito per dissentire. Soltanto al termine del dibattito, la dirigente che inizialmente aveva ricordato l’esistenza dell’obbligo, ha citato e letto il comma 124 della 107/15, ponendo fine ai dubbi. Forse.

Si tratta di un caso probabilmente isolato, ma c’è da chiedersi: quanti dirigenti scolastici ignorano l’obbligo di aggiornamento per i loro docenti e agiscono di conseguenza? E ancora: tutti, proprio tutti, i docenti italiani sanno che l’aggiornamento è un obbligo da ormai cinque anni?

In un recente servizio de “Il sole24 ore” è emerso che alla piattaforma S.O.F.I.A.. il Sistema Operativo per la Formazione e le Iniziative di Aggiornamento dei docenti risulta iscritta la metà degli insegnanti di ruolo. “Dei circa 700mila insegnanti a tempo indeterminato, tra posti comuni e di sostegno, attualmente in organico solo 381mila si sono registrati al portale del Miur. Un dato che già dice tanto. Se poi aggiungiamo che il 70% degli acquisti effettuati dai docenti con la card da 500 euro annui non ha riguardato libri o corsi formativi…”, scrive Il Sole. L’iscrizione alla piattaforma  non è obbligatoria, ma il dato sembra confermare che molto probabilmente una parte di docenti ignora l’obbligo di aggiornamento o, comunque, le possibilità (e la necessità) per aggiornarsi.

Se lo pensassero, dimenticherebbero che chi pone l’educazione degli studenti al centro della missione della scuola vuole insegnanti preparati e aggiornati durante tutta la loro carriera. E sarebbe grave.