La scuola colabrodo, ridurre la dispersione è possibile. Rivedi la diretta del convegno

Fuga dalla scuola. Dal 1995 a oggi 3 milioni e mezzo di studenti hanno abbandonato la scuola statale, su oltre 11 milioni iscritti alle superiori. Il costo è enorme: 55 miliardi di euro. Di questo abbiamo parlato oggi, martedì 2 ottobre, con politici e giornalisti. Sono interventi Marco Damilano, direttore de L’Espresso, i presidenti delle commissioni Cultura e Istruzione di Camera e Senato, Luigi Gallo (M5S) e Mario Pittoni (Lega), l’ex ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, la responsabile scuola di Forza Italia Valentina Aprea. discutendo i dati diffusi dall’ultimo dossier di Tuttoscuola, “La scuola colabrodo” (clicca qui per vedere il video riassunto) ripreso anche da L’Espresso, all’interno di una scuola, l’Istituto Superiore “Leonardo Da Vinci” di Roma, per sottolineare che le soluzioni vanno trovate contrastando i problemi che le scuole incontrano sul campo. La diretta del convegno sarà disponibile anche in registrata sul nostro canale YouTube.

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“Non vorrei entrare subito a gamba tesa al fischio di inizio, ma di convegni e dibattiti sulla dispersione scolastica ce ne sono stati decine, centinaia, forse migliaia sul territorio negli ultimi decenni” ha detto Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola, aprendo il convegno. “Noi non vogliamo che quello odierno sia  – ha continuato Vinciguerra – l’ennesimo convegno inutile. Desideriamo oggi favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema, con l’intento di passare dalla denuncia alla riflessione pacata e costruttiva sulle strategie e sulle soluzioni da adottare per migliorare il successo formativo.  Abbiamo invitato ovviamente il Ministro dell’istruzione Bussetti, che però non è potuto essere presente per altri impegni istituzionali”.

Ministro che comunque ha inviato il suo messaggio, letto dallo stesso Vinciguerra in apertura: “Ogni ragazza e ogni ragazzo escluso dai percorsi di istruzione e formazione è un’occasione persa per il Paese – ha scritto Bussetti -, e ciò è tanto più vero in territori in cui la povertà educativa può rendere i più giovani ancora più a rischio. Per questo stiamo cominciando ad intervenire, partendo proprio dalle aree con maggior dispersione. desidero innanzitutto esprimere il mio vivo apprezzamento per l’iniziativa di oggi che vede esponenti politici, rappresentanti ed esperti del mondo della scuola impegnati in un confronto pubblico e costruttivo sul tema della dispersione scolastica. Una questione che chiunque abbia a cuore la scuola, e, soprattutto, le ragazze e i ragazzi che questa scuola frequentano, conosce bene nelle sue implicazioni sociali, economiche, generazionali”. Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato a Tuttoscuola il suo messaggio di apprezzamento per il lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti di una tematica troppo spesso dimenticata come quella della dispersione scolastica. 

A prendere la parola dopo Vinciguerra è il Presidente della Commissione Cultura della Camera, Luigi Gallo (M5S). Per combattere il fenomeno della dispersione, dice, occorre ridare motivazioni agli studenti, che spesso a scuola si annoiano anche perché non hanno stimoli ed opportunità per stare insieme al di là delle ore di lezione: per questo si dovrebbe puntare prioritariamente sul tempo pieno e la diversificazione delle attività.
Cita il caso di un giovane ex camorrista che, uscito dal carcere, ha costituito una associazione per combattere il degrado e la devianza partendo dalla scuola, attraverso interventi di sensibilizzazione degli studenti. A sostegno dei soggetti deboli dovrebbe operare una apposita équipe nazionale interdisciplinare, che dovrebbe poi attivare équipe locali di professionisti che affianchino gli insegnanti per il trattamento dei casi più difficili. Questa proposta è contenuta, insieme ad altre, in una ricerca promossa dal M5S, intitolata “Cultura 2030”, che sarà presentata il prossimo 9-10 ottobre al Senato. L’obiettivo è quello di rilanciare il concetto e la funzione della “comunità educante”.

“Il quadro disastroso della scuola italiana è quello dipinto con efficacia dal dossier di Tuttoscuola”, ha detto poi Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, già sottosegretario con il ministro Moratti, presidente della Commissione Cultura della Camera nella XVI legislatura e assessore all’istruzione e lavoro della Regione Lombardia dal 2012 al 2018. “Ma non è vero – ha aggiunto -, che siano mancate strategie volte a combattere la dispersione, soprattutto al Sud. Il vero problema della scuola italiana è il suo immobilismo”. Ricorda che alcune iniziative innovatrici, pur contenute nella legge 53 del 2003 in materia di Alternanza scuola-lavoro e di valutazione, sono avanzate faticosamente e solo recentemente stavano cominciando a produrre risultati, che però ora sono messi a rischio dalla retromarcia annunciata dell’attuale maggioranza. “Guai se tornate indietro”, ha detto Aprea rivolgendosi al senatore Pittoni, responsabile scuola della Lega, che le sedeva accanto. “Voi rischiate di riproporre la vecchia maturità, basata sul primato delle conoscenze a scapito delle competenze”. Lo stesso errore contenuto nel lancio delle lauree professionalizzanti, che confermano il predominio assoluto dell’università, centrata sulle conoscenze, nella formazione terziaria, a scapito del modello alternativo costituito dalla creazione di una filiera tecnico-professionale parallela e autonoma. Allargando il suo attacco al governo giallo-verde la parlamentare ha poi criticato la svalutazione della laurea e di tutto quanto fatto negli ultimi 20 anni per consolidare la formazione iniziale dei docenti implicita nella difesa aprioristica dei diplomati magistrali. Nella parte finale del suo intervento Aprea ha rilanciato il modello educativo adottato dalla Lombardia, che spostando l’accento dall’insegnamento all’apprendimento ha valorizzato tutte le filiere formative, comprese quelle professionalizzanti, aprendo ai giovani, anche a quelli più a rischio che si iscrivono ai Centri di Formazione Professionale, migliori prospettive di formazione e di lavoro. “C’è un piano B per i giovani”, ha concluso, non c’è solo quello rappresentato dal “reddito di cittadinanza”.

Valeria Fedeli, ex ministro dell’istruzione nel governo Gentiloni, esordisce invece lodando la decisione de L’Espresso e del suo direttore Marco Damilano, presente all’incontro, di dedicare la copertina e un approfondito servizio alla tematica della dispersione e al dossier realizzato da Tuttoscuola. È una decisione controcorrente, ha osservato, auspicando che l’interesse per i problemi di fondo della scuola italiana cresca finalmente nei media, e che il dibattito pubblico, come succede in altri Paesi, non sia “schiacciato sugli interessi dei partiti”. Compreso il PD, ha poi aggiunto. L’Agenda 2030 dell’ONU mette la conoscenza alla base dello sviluppo economico delle società. Per questo servono dati completi e aggiornati sui processi formativi e sulle importanti innovazioni che li investono in misura crescente, e che devono coinvolgere tutta la popolazione giovanile, senza che nessuno sia lasciato indietro. Sul tema della dispersione il governo di cui lei ha fatto parte si è seriamente impegnato, come mostra il rapporto finale della Cabina di regia dedicata a questo problema, pubblicato a gennaio 2018: scuole aperte, tempo pieno e laboratori sono le misure anti-dispersione individuate, ma occorre intervenire prima. In questa ottica si è posta la legge 107, che ha investito sulla fascia 0-6, determinante per i destini scolastici e sociali dei bambini. Altra condizione decisiva per migliorare la qualità e l’equità del sistema educativo è la formazione dei docenti. “Sarebbe un errore togliere valore alla professionalità docente impoverendo la formazione iniziale”, ha detto Fedeli alludendo alle recenti prese di posizione del ministro Bussetti in materia. E sbagliata è stata la decisione di declassare l’importanza dei test Invalsi e dell’alternanza scuola-lavoro nell’esame di maturità. Occorre che tutti siano coscienti del fatto che oggi il “vero diritto universale è il diritto alla conoscenza”. Vedremo già dal prossimo DEF se l’attuale governo ne è consapevole, ha concluso.

Mario Pittoni, Presidente della commissione Cultura del Senato e responsabile scuola della Lega, ha spezzato una lancia in favore di politiche meritocratiche sia per l’università (bene che la quota dei finanziamenti legati al merito sia salita al 24%, con la prospettiva di arrivare presto al 30%) sia per la scuola, dove si è dichiarato del tutto contrario all’abolizione delle bocciature, che a suo avviso favorirebbe il disimpegno e la perdita di valore dei titoli di studio. A proposito di merito anche alle maestre diplomate, ha osservato, va riconosciuto di aver bene operato negli ultimi 20 anni, visto che nelle comparazioni internazionali la scuola elementare italiana si è sempre collocata in buona posizione. Per questo, ferma restando la positività dello sblocco dei concorsi, è comunque giusto “salvare decine di migliaia di docenti sfruttati per 20 anni”. Pittoni riconosce tuttavia l’importanza degli investimenti nella formazione iniziale dei docenti, che devono soprattutto essere preparati a insegnare ad imparare nella prospettiva del Life-long Learning. Come si fa in Finlandia, dove gli studenti ottengono ottimi risultati pur seguendo le lezioni per un numero di ore assai inferiore a quello cui sono tenuti gli studenti italiani.

Il direttore dell’Espresso, Marco Damilano, ha poi riconosciuto in primo luogo, da giornalista, che i media italiani hanno quasi sempre dato scarsa attenzione e rilievo alle tematiche educative, ignorandone di fatto i problemi di fondo, in particolare quello della dispersione. La decisione di dedicare proprio a questo tema la copertina del settimanale da lui diretto, insieme a un servizio che ha ripreso e rilanciato il dossier di Tuttoscuola “La scuola colabrodo”, è stata da lui presa anche con l’intento di interrompere il lungo silenzio della stampa sul gigantesco spreco di risorse provocato dagli alti tassi di abbandono degli studi.

Intervenuto all’interno del dibattito sulla dispersione anche l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer: “Più che di dispersione, bisognerebbe parlare di inevitabile espulsione da un sistema rigido, ancorato all’insegnamento tradizionale top-down, che non si è stati capaci di riconvertire in un più moderno ed efficace sistema centrato non sull’insegnamento ma sull’apprendimento. Per modificare in profondità questa situazione – ha detto Berlinguer -, a partire dalla scuola, occorre allargare e diversificare l’offerta formativa, far stare insieme più a lungo i ragazzi in una scuola a tempo pieno: non pieno di altre lezioni, però, ma di opportunità culturali, stimoli che sviluppino la creatività degli studenti e li coinvolgano dal punto di vista emotivo. Un contributo importante in questa direzione può venire da una maggiore presenza della formazione artistica e della musica: i giovani devono poter vivere nella scuola più intensamente”.

Il dossier di Tuttoscuola affronta l’insuccesso formativo a tutto campo.
L’istruzione superiore? Tra chi si diploma e si iscrive all’università, uno su due non ce la fa. Su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero… E il 38% dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto. Un disastro.
 
Eppure l’istruzione conviene: la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi il quadruplo di chi è laureato; l’istruzione incide in positivo sulla salute, riducendo i costi per la sanità; comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza.
Insomma prevenire la dispersione scolastica avrebbe costi molto più bassi di quelli che derivano dalla necessità di gestirne le conseguenze sociali. Servirebbe un grande piano pluriennale. Quando entrerà nell’agenda del Paese?