Finanziamenti alle paritarie: perché occorre andare oltre la legge n. 62/2000

Finanziamenti alle paritarie/2

La legge n. 62 sulla parità, approvata nel mese di marzo 2000 dopo la riforma dell’esame di maturità (legge n. 425, dicembre 1997), l’elevamento dell’obbligo di istruzione (legge n. 9, gennaio 1999), il regolamento dell’autonomia scolastica (DPR n. 275, marzo 1999) e la legge-quadro sul riordino dei cicli (legge n. 30, febbraio 2000), fu l’ultimo dei provvedimenti che l’allora ministro Luigi Berlinguer mise in campo procedendo a tappe serrate nella attuazione di un vasto disegno riformatore, che toccò anche l’università (il cosiddetto Processo di Bologna, che introdusse la scansione 3+2, iniziò nel giugno 1999).

Un progetto ambizioso, che puntava alla soluzione di problemi di politica scolastica storicamente irrisolti, dalla riforma della maturità (sperimentale dal 1969) al riordino dei cicli, che comprendeva l’inafferrabile riforma dell’istruzione secondaria superiore; dall’elevamento dell’obbligo di istruzione, fermo agli “almeno 8 anni” della Costituzione, alla regolamentazione della parità scolastica, anch’essa prevista dalla Costituzione ma sempre arenatasi per l’opposizione della sinistra storica (PCI, PSI e PRI) al finanziamento delle scuole private, anche se paritarie.

Ma neanche la legge n. 62 risolse quest’ultimo problema perché la parità fu riconosciuta solo sul piano giuridico, non su quello economico. Fu cioè mantenuta la contraddizione, già presente nel testo costituzionale, tra l’art. 30 (“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”) e l’art. 33 comma 3 (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”) ribadendo il diritto dei genitori di istruire i figli, e anche di istituire scuole, ma mantenendo un’interpretazione ultrattiva del “senza oneri per lo Stato” preclusiva di ogni finanziamento. Neppure l’abile e spregiudicato Berlinguer (che ora, a distanza di 20 anni, dà della sua legge una lettura meno preclusiva) ritenne allora di poter modificare tale interpretazione, contestata solo da una minoranza di storici e giuristi. Ma solo una rilettura del significato del “senza oneri” – da intendere come divieto di finanziamenti automatici alle scuole non statali, e non come divieto per lo Stato di finanziarle sulla base di una legge approvata dal Parlamento – potrebbe risolvere in radice il contrasto tra gli articoli 30 e 33 della Costituzione.

Quella legge però non può essere la 62, che tale contraddizione ha conservato. Per uscire dall’ambiguità servirebbe una nuova legge, che riservi allo Stato la “facoltà” di finanziare le scuole paritarie (termine utilizzato dai costituenti Epicarmo Corbino e Tristano Codignola, proponenti del “senza oneri”), e assegni alle scuole paritarie condizioni di agibilità economica analoghe a quelle nelle quali operano le scuole statali. Così lo Stato vedrebbe confermata la sua funzione di governo strategico del sistema di educazione e le scuole paritarie potrebbero competere ad armi pari con quelle statali.