La merenda della discordia, polemica nelle scuole di Pomezia

Due menù nelle mense scolastiche, con o senza dolce, a seconda della possibilità di pagamento dei genitori dei bambini: è quanto accade a Pomezia (Roma), come denunciano i senatori Valeria Fedeli e Raffaele Ranucci, del Pd. “È  inaccettabile la scelta operata dalla giunta grillina di Pomezia di utilizzare due menù nelle mense scolastiche a seconda della possibilità di pagamento dei genitori dei bambini – sottolineano Fedeli e Ranucci –. In sostanza a chi paga di più viene fornito un  pasto completo“.

E questo in una scuola pubblica – continuano – Una cultura discriminatoria quella portata avanti dal Movimento 5 stelle che, nascondendosi dietro al cosiddetto governo partecipato, arriva al punto di far subire a dei bambini nell’età più delicata l’esperienza più terribile: la diseguaglianza sociale“.

Nello specifico – sottolineano Fedeli e Ranucci – si tratta di un appalto che durerà tre anni e fornirà oltre 400mila pasti l’anno, che contempla un menù completo e uno ridotto con due costi diversi per le famiglie differenziandosi per la presenza o assenza della portata del dolce – concludono – Una scelta, vogliamo ricordare, che colpisce bambini sia della scuola primaria che dell’infanzia e che non fa in alcun modo riferimento a convinzioni alimentari (ad esempio per vegetariani, vegani) ma solo ed esclusivamente a parametri economici“.

Respinge tutte le accuse il sindaco del Movimento Cinque Stelle di Pomezia, Fabio Fucci, interpellato dall’agenzia di stampa Adnkronos: “La scelta del doppio menù deriva dalla richiesta di soddisfare un’esigenza espressa a gran voce e da un confronto con i genitori e i loro rappresentanti. Non c’è nessuna  discriminazione. Tutto il polverone sollevato è chiaramente una  strumentalizzazione per fini elettorali“.

Noi – chiarisce il sindaco – abbiamo deliberato in consiglio comunale lo scorso anno le linee di indirizzo nate anche da una certa condivisione con le famiglie e con i rappresentanti dei genitori. Alla fine è stato concordato che i bambini mangeranno le stesse portate nella stessa quantità e non c’è alcuna discriminazione nel momento del pasto a mensa dove tutti mangiano la stessa cosa. Viene lasciata, invece, la facoltà di aderire a un menù intero o ridotto per quanto riguarda la merenda del pomeriggio. Viene salvaguardato così il fine educativo del pasto e viene garantita l’opportunità di scelta alle famiglie: avvalersi del menù completo offerto dalla ditta oppure di provvedere in autonomia mettendo nello zainetto una merendina o un frutto portato da casa“.

Il servizio che andremo ad offrire – sottolinea Fucci – ha i suoi punti di forza negli alimenti bio e un’attenzione maggiore nei riguardi dell’ambiente con stoviglie riutilizzabili. Viene comunque salvaguardato – ribadisce – il sostegno alle famiglie che si trovano in una condizione di disagio economico a cui il Comune assicurerà una quota di contributo sul pasto“.

La vicenda è stata anche oggetto di una domanda in un’intervista odierna su Radio Capital al ministro dell’istruzione Stefania Giannini, che però ha ridimensionato l’accaduto: “Non conosco bene il caso, ma io sono per l’autonomia scolastica e non mi sembra una situazione di discriminazione“.