Povertà educativa, l’allarme di Save the Children: ‘Aumentino le risorse per l’istruzione’

Povertà educativa: la scorsa settimana Save the Children ha lanciato un rapporto, intitolato “Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana, il cui testo è scaricabile dal sito, focalizzato sul tema della relazione tra le disuguaglianze dell’offerta formativa sui territori e gli esiti scolastici, con particolare riferimento alla condizione dei minori in svantaggio socioeconomico. L’interessante rapporto – ricco di approfondimenti – non contiene vere novità, ma raccoglie e analizza in modo unitario il tema della povertà educativa in Italia, evidenziando il fatto che se la dispersione implicita al termine della scuola secondaria superiore raggiunge il 9,7% a livello nazionale, tale percentuale è assai più alta nel Sud: “nonostante una consistente riduzione avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia, con un -4,3%, e in Calabria con -3,8%, nelle regioni meridionali permangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania. Se guardiamo poi alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in Italiano, mentre quelle in Matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna”.

Anche la dispersione esplicita nella maggior parte delle regioni del Sud va oltre la media nazionale, raggiugendo il 12,7%, con picchi in Sicilia (21,1%), Puglia (17,6%), Campania (16,4%) e Calabria, (14%). 

Quanto alla percentuale dei NEET (15-29enni), che a livello nazionale è del 23,1%, nelle quattro Regioni indicate essa sale di molto, tanto da superare quella dei giovani occupati: 3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati.

Il rapporto analizza inoltre alcuni indicatori “strutturali” (presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità), che mostrano la correlazione positiva tra la qualità dell’offerta di strutture e servizi e il livello di apprendimento conseguito da studentesse e studenti. 

Mettendo a confronto le 10 province italiane con l’indice di dispersione implicita più bassa e più alta, si rileva come nelle province dove l’indice di dispersione implicita è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini:

  • maggior offerta di tempo pieno, frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione,
  • maggior numero di mense, il 25,9% delle scuole contro il 18,8%,
  • di palestre, 42,4% contro 29%,
  • sono dotate di certificato di agibilità, 47,9% contro 25,3%”.

A conclusione della sua analisi Save the Children chiede un aumento significativo delle risorse per l’istruzione “portandole al pari della media europea, ovvero il 5% del PIL”.

Sarebbe una premessa importante, sintomo di una molto più forte considerazione della centralità strategica dell’educazione come volano dello sviluppo di un Paese. Al contempo va sottolineato che il solo aumento della spesa per l’istruzione, anche se concentrato nel riequilibrio dei citati indicatori strutturali, non risolverebbe di per sé il problema, come ha mostrato l’esperienza dei fondi europei spesi in passato in larga misura proprio nelle quattro Regioni indicate senza alcun visibile vantaggio competitivo rispetto alle altre Regioni. Il problema, come si usa dire, è più complesso e multidimensionale: culturale prima ancora che economico.

Per approfondimenti:

Coazione a ripetere. Il progettificio Scuola. Quei fondi a pioggia che non torneranno più

© RIPRODUZIONE RISERVATA