Coazione a ripetere/3. Il progettificio Scuola. Quei fondi a pioggia che non torneranno più

Come vengono spesi nella scuola gli ingenti fondi dei PON e, d’ora in avanti anche quelli del PNRR?

Il meccanismo, ormai collaudato e che tanto piace in alcune stanze del palazzone di Viale Trastevere (perché rapido, apparentemente “democratico” e tutto sommato “pilatesco”, con minimizzazione delle responsabilità per chi lo gestisce), è sempre lo stesso: si lancia un bando per progetti in genere di piccola taglia; ogni scuola sul momento “inventerà” qualcosa, indipendentemente dalla competenze possedute, nei ristretti tempi previsti dal bando, con lo scopo principale di “accumulare” risorse che sarebbe un peccato lasciarsi scappare, e con l’unico freno semmai che il progetto richiederà tanto lavoro amministrativo (infatti la burocrazia connessa è tantissima e sovrana).

Quanto il progetto per il quale si richiede il finanziamento sia effettivamente funzionale a una maggiore efficacia dell’offerta formativa, viene dopo (se va bene). Né d’altronde può essere richiesto alle singole scuole di avere una visione di sistema, che spetta a chi lo governa. E allora: nessun coordinamento di sistema, nessun coinvolgimento di soggetti qualificati in grado di apportare – sotto una regia strategica dell’Amministrazione, che poi valuterebbe i risultati – idee, expertise e “gambe” per attuarle in sinergia con le scuole, accompagnandole. Niente di tutto ciò. Piuttosto, infine, rigidi parametri per spendere i soldi, con massimali di spesa non in linea con la qualità.

Così sono stati spesi miliardi e miliardi per i programmi PON Scuola e non solo negli scorsi anni, così verranno spesi i miliardi del Pnrr e dei futuri PON.

Perfetto dal punto di vista di chi deve gestire sotto il profilo amministrativo questa grande mole di soldi. Inattaccabile. Ma i risultati?? Chi risponde del fatto che questi ingenti investimenti – che gravano in grande parte sul debito del Paese (l’Italia finanzia una quota significativa dei programmi comunitari, beneficia solo di una parte modesta e la spende in grande parte in questo modo) – producano i risultati attesi? Sarà forse questo un motivo per il quale manca totalmente una rendicontazione pubblica dei risultati raggiunti a seguito di questi finanziamenti? E non si pensi che questa valanga di soldi sarà sempre disponibile in questa entità.

Nel trasferire a pioggia alle scuole queste risorse, non si considera il fatto che spesso le scuole non hanno a portata di mano le soluzioni a problemi complessi, altrimenti avrebbero già operato per risolverli. Assegnare loro un po’ di soldi attraverso progetti da improvvisare e dovendoli spendere con rigidi meccanismi non sembra la strada migliore.

Eppure, si persevera. “I costi della formazione sono allineati agli standard utilizzati per analoghi interventi formativi finanziati con risorse del Programma Operativo Nazionale”. Lo si legge nel decreto legge 36, che si avvia alla definitiva conversione. Come abbiamo evidenziato la scorsa settimana gli standard previsti per il PON costituiscono il piede d’argilla del livello qualitativo del complesso nuovo sistema formativo del personale tracciato dal decreto.

I compensi orari previsti per gli esperti che devono essere di alto livello di competenza sono infatti di entità troppo modesta. Dall’importo massimo “lordo Stato” (70 euro) al “lordo personale” (52,75 euro) il compenso netto si riduce a poche decine di euro (30-35 euro). Per non parlare dei compensi per i tutor, che non arrivano ai 15 euro netti l’ora.

Compensi che non attireranno certamente gli esperti migliori e più preparati, a tutto danno della formazione finale degli insegnanti.

Eppure il Governo Draghi invece di “lasciare” un modello che ha mostrato i suoi limiti, raddoppia…

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