Gelmini a La Repubblica/3: ”Dal prossimo anno tempo pieno per 50mila bambini in più”

Dopo aver toccato i temi del rigore finanziario e del maestro unico, l’intervista odierna de “La Repubblica” (dal titolo Gelmini: “Capisco i giovani ma solo cambiando c’è futuro”) al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini affronta il punto del tempo pieno.

Per il ministro, “sul tempo pieno si è fatta una cinica disinformazione, creando un immotivato allarmismo tra le famiglie“; “una bugia ripetuta 10 volte può diventare, per qualcuno, una verità“.

La Gelmini spiega che “il tempo pieno non diminuirà, anzi già dal prossimo anno con l’eliminazione delle compresenze e il ritorno al maestro prevalente ci saranno 50.000 bambini in più che potranno usufruire del tempo pieno“.

I 50.000 bambini in più che dal prossimo anno potranno usufruire del tempo pieno sembrano autorizzare una lettura “estensiva”, circa le intenzioni del governo di aumentare, nel prossimo cinquennio, il tempo pieno del 50%. I dubbi erano sorti, come riporta il nostro dossier La verità sui numeri della scuola, perché il governo aveva convocato una conferenza stampa, in cui venivano presentate diapositive da cui era possibile un aumento del tempo pieno solo del 17%.

Il ministro rivendica il merito di aver affrontato per la prima volta il tema della qualità seriamente“, e incalza usando una metafora a lei cara (usata al meeting di Rimini di Comunione e liberazione, nell’agosto scorso): “La scuola in Italia è come un motore rotto. E’ inutile aggiungere benzina, cioè soldi, se il motore è guasto“. “Noi – spiega il ministro – vogliamo rivedere i meccanismi di spesa pubblica nella scuola per eliminare le inefficienze e destinare i soldi nella qualità. Ricordo inoltre che la finanziaria prevede che il 30% dei tagli verrà reinvestito per incentivare i professori migliori con un premio produttività annuo che potrà arrivare fino a 7.000 euro“.

L’intervista al ministro si conclude con due domande sull’università, nelle quali il ministro solidarizza con gli studenti preoccupati per il futuro, e sottolinea il proprio impegno “per una scuola ed una università che promuovano i talenti dei giovani, creando veramente pari opportunità e garanzie di titoli di studio spendibili nel mondo del lavoro“, e attribuisce alla Cgil (“il sindacato dello status quo“) la responsabilità di aver diviso il sindacato nel dialogo sull’università.