Autonomia regionale differenziata: l’arte del dire e non dire

Autonomia regionale differenziata/1

Nel comunicato unitario delle cinque organizzazioni sindacali  – Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda – che hanno sottoscritto l’intesa con il governo che ha portato alla revoca dello sciopero del 17 maggio (confermato invece da Cobas, Unicobas e annunciato anche da Anief), si parla di “chiara e condivisa considerazione del ruolo assegnato alla scuola per garantire identità e unità culturale del Paese, anche attraverso l’unitarietà dello stato giuridico del personale, il valore nazionale dei contratti, un sistema nazionale di reclutamento del personale e le regole per il governo delle scuole autonome”.

Tutto chiaro? È stato così bloccato definitivamente l’iter delle intese raggiunte nei mesi scorsi tra lo Stato e le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna per l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata prevista dall’art. 116 della Costituzione? Nel testo dell’intesa diramato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ci si limita, per la verità, a indicare la “necessità di sviluppare e promuovere il sistema dell’istruzione e della ricerca, per incrementarne ulteriormente la qualità e assicurarne l’inclusività, nella consapevolezza che non vi è strumento più efficace per dare il miglior futuro possibile a ogni cittadino”, e si dichiara che le parti condividono una presa di posizione “a favore della identità e dell’unità culturale del Paese da perseguire attraverso la scuola”.

Non c’è una esplicita esclusione della prospettiva della regionalizzazione, che è invece ben presente nel testo del DEF approvato dal Senato lo scorso 18 aprile, che  impegna il governo, “in considerazione dello stato avanzato delle iniziative per la realizzazione dell’autonomia regionale ed in particolare della condivisione espressa dal Consiglio dei ministri dello spirito delle medesime iniziative, a dare seguito alla fase finale dei procedimenti avviati ai sensi dell’art.116, terzo comma, della Costituzione ai fini dell’attuazione del cosiddetto ‘regionalismo differenziato’, in particolare, con riferimento al sistema scolastico nazionale e al diritto allo studio, a definire livelli essenziali delle prestazioni in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”.

La materia resta ambigua. L’intesa governo-sindacati dice e non dice. Il riferimento dei cinque maggiori sindacati all’unitarietà dello stato giuridico del personale e al valore nazionale dei contratti non esclude, di per sé, che a livello regionale, una volta data attuazione all’art. 116, possano realizzarsi contrattazioni integrative che conducano, per esempio, a miglioramenti retributivi.