Venti di fronda nelle scuole

Da alcune settimane non passa giorno che non vi sia notizia di pronunce di collegi dei docenti contro la proposta di riforma del ministro Moratti.
È quasi un bollettino di guerra dove, con percentuali “bulgare” (il massimo di dissenso sono pochi voti di astensione) gli insegnanti di scuola elementare (ma non solo loro) dicono no alla riforma.
Accanto a documenti argomentati e circostanziati, vi sono anche pronunce in stile “catena di S.Antonio”, uguali l’una all’altra, che vengono assunte quasi a scatola chiusa per poi essere trasmesse agli “organi competenti”, e passano di scuola in scuola (a Roma c’è una specie di tam tam sull’argomento) per confermare questo rito di votazione contro. Quasi fosse un modo per scongiurare un pericolo più che un impegno per affrontare un problema.
Nel mucchio vi sono anche documenti datati, riferiti a situazioni precedenti l’approvazione della legge 53/2003 che risultano un po’ anacronistici, oppure ve ne sono altri assunti pari pari da siti scolastici e acquisiti come propri. Alcuni slogan ricorrono: difesa del tempo pieno, opposizione al docente prevalente, difesa della scuola pubblica.
Decine di documenti contro (spesso rilanciati con enfasi su alcuni siti) non rappresentano certamente l’universo della scuola, ma sono comunque un segnale preciso di un malessere, di una mancanza di feeling tra centro e periferia, tra il ministro riformatore e i docenti operatori della sua riforma. Hanno di che riflettere a viale Trastevere.