Valutazione/3. La politica si divide

Durante la campagna elettorale si è parlato anche di valutazione, in particolare del ruolo dell’Invalsi e dei test. Per quanto la valutazione di sistema sia stata storicamente sostenuta dalla sinistra riformista e dalla pedagogia progressista (massimo fautore ne fu Aldo Visalberghi), e la stessa denominazione Invalsi (Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione, ex Cede) sia stata voluta da Luigi Berlinguer (DRP n. 258/1999), esponente del Pds, la complessa e faticosa strutturazione del sistema di valutazione ha preso corpo ad opera di governi e ministri di centro-destra: Moratti (2001-2006) e Gelmini (2008-2011).

Se nella lettura ‘di sinistra’ delle finalità della valutazione di sistema prevaleva l’obiettivo di rendere il sistema educativo più equo, scoprendo l’entità e le cause (o concause) sociali della selezione, in quella ‘di destra’ i valori di riferimento sono stati quelli dell’efficienza e della meritocrazia competitiva.

In qualche modo l’eco di questa diversa visione strategica della valutazione si è avvertito anche nelle recenti polemiche pre e postelettorali. Elena Centemero, responsabile scuola del Pdl, ha detto che “l’approvazione del regolamento sulla valutazione, la cui impostazione era stata voluta dal governo Berlusconi, è senz’altro una buona notizia per chiunque abbia a cuore la qualità del sistema scolastico italiano, la sua sempre maggiore apertura agli standard europei e la valorizzazione delle nostre eccellenze”.

Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd, in una dichiarazione congiunta con il segretario Bersani, ha invece messo l’accento, alla vigilia delle elezioni, sulla “inopportunità politica di procedere ad oltre due mesi dallo scioglimento delle Camere e a pochi giorni dal voto, con un provvedimento che non ha i caratteri della straordinarietà e dell’urgenza” e sulla necessità di coinvolgere le scuole, ma anche “il nuovo Parlamento”, su “parecchi punti critici” del decreto predisposto dal governo Monti.

Nel merito, oltre che sul metodo, entra Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione Civile: “Il rischio è che, invece di dotarci di sistemi di valutazione del nostro sistema per intervenire sui punti deboli, si voglia usare la valutazione come una clava per continuare a tagliare e per imporre agli insegnanti modalità e contenuti della formazione. In sostanza, si vogliono insegnanti che insegnino a superare i test e non a diventare cittadini liberi e maturi, cancellando libertà di insegnamento, specificità culturali, necessità del superamento delle disuguaglianze”.