Valutazione/2. Le esitazioni di Valditara

Nel libro di Cristiano Corsini presentato nella notizia precedente compare anche una singolare “esercitazione formativa in itinere” intitolata Tomania 2022, un Paese immaginario nel quale il ministero che si occupa di educazione si chiama Ministero dell’Istruzione e del Talento ed è guidato dal ministro Ludovico Bentistà, “pronto a riportare ordine, disciplina, merito e serietà ove regna il caos”.

Al di là della trasparente allusione al Mim e al ministro Valditara l’esercitazione ha in realtà per oggetto l’analisi critica delle “prove di competenza” utilizzate nelle indagini nazionali (Invalsi) e internazionali (Ocse, IEA), e delle ragioni per le quali esse devono essere considerate come “un tradimento del concetto stesso di competenza”. Nel mirino c’è la pretesa di tali prove, quantitative e decontestualizzate, di misurare la qualità dei sistemi scolastici e il “merito”, perfino quello individuale, degli studenti.

L’esercitazione è strettamente collegata alla tematica della valutazione trattata da Corsini nel suo corso e nel suo libro, e non ha espliciti intenti polemici verso Valditara se non per il riferimento all’uso della parola “merito”, che a giudizio del pedagogista non si può affatto inferire dall’esito delle suddette prove (inaffidabili) e dal profitto degli studenti misurato solo attraverso i voti.

Ma sulla materia della valutazione il ministro Valditara non si è ancora espresso in modo esplicito, anche se la sua dichiarata visione antigentiliana della scuola lascerebbe supporre una sua presa di distanza dal voto numerico, che per Gentile era invece lo strumento principe di una valutazione di carattere esclusivamente sommativo.

La sua rivalutazione dei percorsi tecnico-professionali come itinerari di pari dignità con quelli liceali, giustificata con l’esigenza di mettere sullo stesso piano i diversi “tipi di intelligenza” e attitudini degli studenti, e la personalizzazione della didattica, sostenuta anche dalle nuove figure dei “tutor” e degli “orientatori”, dovrebbero comportare – in teoria – una valutazione di carattere più formativo e qualitativo che sommativo e quantitativo.

Ma forse Valditara, rappresentante di una destra che in passato ha sempre polemizzato con il lassismo facilista della sinistra, e che ha voluto inserire la parola “merito” nella denominazione del Ministero dell’istruzione, non è ancora pronto a trarre le conseguenze dalle sue stesse premesse, che comporterebbero il superamento o un forte ridimensionamento del voto. Come lo spiegherebbe ai fustigatori del “sei politico” e del permissivismo indulgente che a loro giudizio hanno portato la scuola italiana al “disastro”?

Di qui le sue comprensibili esitazioni, ma anche la mancanza di chiarezza – finora – su una questione strategica, come quella della valutazione, sulla quale, se Valditara intendesse davvero dar seguito a una certa impostazione, potrebbero determinarsi in Parlamento e nel dibattito pubblico convergenze inimmaginabili, perfino su alcune delle tesi anti-voto dell’irriverente Corsini.

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