Valutazione: come rendere le scuole migliori?

Le scuole italiane, in particolare i Nuclei Interni di Valutazione, hanno completato, poco prima dell’avvio delle iscrizioni, il percorso di riflessione per la elaborazione della loro prima Rendicontazione sociale e/o rivalutato le priorità dei loro Rav, oltre a elaborare in via definitiva il Ptof della scuola e i Piani di miglioramento. Una “impresa” significativa di riflessione e di progettazione, di visione prospettica, per la quale esse si sentono più pronte dopo aver esperito, nel corso degli ultimi anni, gli strumenti messi a disposizione dal Servizio Nazionale di Valutazione. A tale lavoro si affiancano altre esperienze di sperimentazione e di riflessione che vale la pena di prendere in considerazione nel percorrere la strada verso il miglioramento delle nostre scuole. Di questo abbiamo parlato nel numero di febbraio di Tuttoscuola in un articolo di Filomena Zamboli.

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In Campania, ma anche in Piemonte e in Lombardia sono state organizzate delle iniziative seminariali di divulgazione di una ricerca realizzata dalla Fondazione per la Scuola che è confluita, poi, in una pubblicazione dal titolo: “È possibile una scuola diversa? Una ricerca sperimentale per migliorare la qualità̀scolastica”. Essa ha inteso “raccontare” il percorso e gli esiti dell’esperienza di ricerca che ha preso il nome di “Scuolinsieme” e che ha coinvolto un campione di istituti comprensivi, tra Piemonte e Liguria e che continua ancora oggi. Attraverso tale percorso si è cercato di creare un prototipo di miglioramento “in situazione”, fondato tra scuola e tutor, e si sono sperimentati revisioni e miglioramenti dell’organizzazione interna alle scuole stesse.

I punti focali individuati dal percorso di ricerca sono stati tre: potenziare la leadership dei dirigenti; sviluppare le competenze e la collaborazione fra gli insegnanti; accrescere le motivazioni allo studio e migliorare il metodo di apprendimento degli studenti. Si tratta di una esperienza interessante perché mette a tema la necessità di migliorare le scuole sia attraverso il potenziamento dell’efficacia del sistema formativo sia attraverso l’innalzamento della qualità dell’istruzione. Sebbene l’esigenza del miglioramento appaia ineludibile ai decisori politici, agli studiosi del settore e ai professionisti della scuola, non sempre è chiaro quale strada percorrere in termini di investimenti e di strategie.

La ricerca appare interessante proprio perché ha cercato di dare una risposta esplorativa al miglioramento delle scuole. Le iniziative messe in atto, nel corso della ricerca, hanno spaziato dalla revisione e miglioramento dell’organizzazione interna alle scuole alla diffusione di metodologie didattiche innovative meno tradizionali (classi aperte, cooperative learning, ecc.); dalla maggiore familiarità e puntualità con le pratiche autovalutative al potenziamento degli apprendimenti degli studenti fino alla compatibilità tra costi e azioni di miglioramento. Insomma, la domanda posta dalla ricerca, che veramente ci interessa è: come rendere migliori le scuole? Cioè capaci di accrescere il proprio capitale professionale, di potenziare gli apprendimenti e di perfezionare la loro organizzazione in modo da essere sempre più all’altezza delle molteplici attese delle famiglie e della società civile?

La radice della parola greco-latina “miglioramento “ci fa desiderare un “maggior bene”, più adeguato allo scopo dei processi di miglioramento in atto, più adeguato a qualcosa che abbia “valore”: il nostro tempo richiede con forza non una scuola fatta di progetti ma “un progetto di scuola”. Ma occorre anche prendere atto che una scuola di qualità è anche una scuola equa. “La qualità di un sistema di istruzione si giudica, oltre che dalla sua efficacia, vale a dire dai livelli di apprendimento ai quali riesce a portare i suoi studenti, anche dalla sua maggiore o minore equità”, afferma Invalsi nel proprio Rapporto di restituzione degli esiti delle prove standardizzate. Quello di equità è un concetto complesso e che può essere considerato da vari punti di vista, ma uno dei suoi aspetti fondamentali è l’eguaglianza di trattamento intesa come la capacità del sistema di istruzione di offrire agli alunni le stesse condizioni di insegnamento – apprendimento, almeno nel tronco comune dell’itinerario scolastico che in Italia corrisponde alla scuola primaria e alla secondaria di I grado.

In base al principio dell’eguale trattamento, le differenze di risultati tra gli alunni sono accettabili solo se essi hanno potuto usufruire di condizioni di insegnamento – apprendimento di qualità equivalente e dunque se non sono all’opera meccanismi, espliciti o occulti, che determinano una ineguale distribuzione degli studenti tra le scuole e tra le classi sotto il profilo del loro retroterra socio- culturale e delle abilità possedute. Dunque, la variabilità tra scuole e tra classi è un indicatore dell’equità, afferma ancora Invalsi. 

Abbiamo approfondito l’argomento all’interno del numero di febbraio di Tuttoscuola.

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