Tutor e orientatori. Come sceglierli e quanto pagarli
Oltre alla rifinalizzazione dei 300 milioni di cui alla notizia precedente, il ministro Valditara ha detto che “nella legge di Bilancio abbiamo ottenuto lo stanziamento di ulteriori 150 milioni di euro, che sono stati utilizzati per valorizzare il personale della scuola, per favorire una grande riforma che oggi abbiamo lanciato: quella della personalizzazione dell’insegnamento, che prevede l’introduzione del tutor nelle scuole e l’introduzione dell’orientatore, per dare ai nostri ragazzi prospettive di un percorso professionale e formativo che sia realizzante”.
Sembra di capire che la prospettiva della differenziazione dei profili e dei compensi, non contemplata dalla decisione relativa al reimpiego dei 300 milioni, venga in qualche misura riaperta sul versante dell’arricchimento professionale di alcuni docenti in servizio, quelli disponibili e interessati a svolgere la funzione di tutor o quella di orientatore.
Nell’incontro con i sindacati della scorsa settimana, svoltosi al Ministero con la partecipazione del capo di Gabinetto e dei due capi dipartimento Jacopo Greco e Carmela Palumbo, è stata data l’informativa sul Decreto ministeriale concernente la definizione dei criteri di ripartizione e le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie previste dall’articolo 1, comma 561 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197, “destinate alle istituzioni scolastiche statali del II ciclo di istruzione, ai fini della valorizzazione dei docenti chiamati a svolgere la funzione di tutor e orientatore”.
Secondo la bozza di decreto, i docenti interessati alla funzione di tutor dovrebbero seguire un apposito corso di formazione di 20 ore, gestito da Indire, “preferibilmente” essendo in possesso di cinque anni di servizio a tempo indeterminato e avendo svolto già il compito di funzione strumentale nel campo del tutoraggio o dell’orientamento.
Per il tutor si prevede un compenso compreso tra un valore minimo di 2.850 e massimo di 4.750 euro lordi. Per l’orientatore il compenso ammonterebbe da un minimo di 1000 a un massimo di 2.000 euro lordi. I criteri di utilizzo di queste risorse finanziarie sarebbero oggetto di contrattazione di istituto.
I sindacati per ora si sono limitati ad affermare a riguardo che l’individuazione del docente tutor e del docente orientatore sono di competenza del Collegio dei docenti, e non genericamente “dell’istituzione scolastica”. Perciò, si legge nel comunicato della Flc Cgil, “la formazione dei tutor deve essere successiva all’individuazione dei docenti individuati dal Collegio: il processo inverso esautora il collegio della sua funzione”. Inoltre, andrebbe previsto un tutor per ciascuna classe, e non per due.
Insomma, sembra di capire, i sindacati Cgil e Cisl (che ha pubblicato una dettagliata nota in cui ha espresso osservazioni e anche proposte) non si oppongono alla creazione di queste figure professionali, e neppure al fatto che per esse sia previsto un compenso aggiuntivo. Chiedono però che tutta la materia rientri nella contrattazione nazionale e in quella di istituto. Molto più di chiusura la posizione della Uil Scuola (“le urgenze della scuola sono altre”, “non occorre inventarsi nuove figure” di cui “la scuola non sente il bisogno”).
Giudizio molto negativo, ma con motivazioni quasi opposte, da parte di Ancodis, l’associazione che si rivolge ai collaboratori dei DS e alle figure di sistema: “Ciò che continua a sorprendere è l’inaccettabile previsione della norma: dal prossimo anno scolastico ciascuna scuola nell’ambito della sua autonomia organizzativa e didattica individuerà il docente tutor e l’orientatore, scelto su base volontaria e senza riduzione del carico didattico e questi docenti si ritroveranno senza alcuna possibilità di una vera carriera professionale. Con il consenso delle organizzazioni sindacali ci ritroviamo ancora una volta di fronte alla beffa del lavoro di alta professionalità ma a bassissimo costo e senza alcun riconoscimento giuridico”.
Di sicuro non siamo ancora in presenza di una svolta verso l’introduzione di una carriera per i docenti, anche perché queste figure sono per ora previste solo nella scuola secondaria di secondo grado e non in quella di primo grado, dove sarebbero forse ancora più necessarie e utili, come insegnano esperienze internazionali come la pastoral care nelle scuole britanniche e la figura del conseiller d’orientation in quelle francesi. Però, a voler vedere il lato positivo, qualcosa si muove anche in Italia. Forse.
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