Tempo pieno salvato

Gli echi della mobilitazione a difesa del tempo pieno non si sono spenti: finite le manifestazioni di piazza (Roma e Bologna in particolare) continuano le azioni da parte di singoli e di gruppi mediante una campagna telematica che arriva a privati, politici e dirigenti.
Come in tutte le azioni di questo genere, l’aggiornamento sull’evolversi della situazione è lento ad essere recepito e, così, si assiste ad una linea di difesa (o di attacco) in taluni casi un po’ datata.
Registriamo i fatti, a cominciare dalle dichiarazioni del ministro Moratti alle commissioni parlamentari (4 novembre) che – di fronte a un testo di decreto che abroga l’art. 130 del Testo unico sul tempo pieno – conferma “che il tempo pieno nella riforma, come tempo offerto alle famiglie nella sua estensione massima, non viene modificato”.
Alla luce di queste dichiarazioni ufficiali, il Miur pochi giorni dopo, nel suo commento allo schema di decreto legislativo, conferma che “tale tempo oscilla in relazione alle predette opzioni fra le 5 e le 10 ore. In questo senso il tempo scuola raggiunge, nella sua massima espansione, le 40 ore settimanali e si caratterizza come tempo pieno degli alunni.”
L’11 novembre il ministro Giovanardi al question time in Parlamento precisa che “resta il principio che il tempo rimane per 40 ore settimanali così come è oggi. Tali ore sono comprensive anche del tempo destinato alla mensa con l’assistenza educativa dei docenti”.
In Conferenza unificata il 26 novembre si conviene sull’opportunità di chiarire formalmente che anche il tempo di assistenza alla mensa (fino a 10 ore settimanali) concorre a determinare i posti d’organico. L’intesa è stata formalizzata il 10 dicembre: 40 ore sì, assistenza dei docenti sì, organico confermato, gratuità: l’offerta complessiva è confermata, cambia il modello attuale di tempo pieno.