Tempo pieno: i conti sembrano non tornare/2

Chi si occuperà degli alunni in quelle ipotetiche 10 ore di mensa (2 ore al giorno per cinque giorni)?
A suo tempo il prof. Bertagna ipotizzò che la competenza dovesse essere attribuita ai comuni. Ma l’ANCI ha chiarito da tempo che al comune compete solo il cosiddetto “scodellamento” (fare le porzioni e distribuirle ai bambini) e non l’assistenza degli alunni. Il “cameriere comunale”, praticamente, servirà i piatti e saluterà.
Qualcuno ipotizza che il carico di assistenza agli alunni possa finire per costituire un nuovo onere di spesa per le famiglie che dovrebbero pagare, oltre alla refezione, come avviene oggi, anche il personale di assistenza e vigilanza.
Ma il contratto di lavoro dovrebbe rassicurare per quest’ultimo aspetto, perché prevede espressamente che l’assistenza alla mensa da parte degli insegnanti sia considerata servizio a tutti gli effetti, rientrante nell’orario di attività didattica e, pertanto, dovuto (comma 10 dell’art. 26 CCNL 2002-2005). E, se i docenti non dovessero bastare, si possono utilizzare per vigilanza e assistenza anche i collaboratori scolastici, come prevede da quest’anno il contratto nazionale sulla base di una norma introdotta anche dalla finanziaria 2003.
Sul tema occorrono certezze. Per ora il ministero tace. Forse sta riflettendo che 2 ore al giorno di mensa sono troppe, alla luce anche dei risultati della recente ricerca dell’istituto Auxologico Italiano che documentano che il 30-35% dei bambini italiani è in sovrappeso e il 10-12% obeso. I genitori insomma hanno di che preoccuparsi su che cosa avverrà del tempo pieno.
Un po’ di chiarezza non guasterebbe per ridurre i livelli di confusione e disorientamento nei quali sembrano trovarsi famiglie, insegnanti, dirigenti scolastici ed enti locali.