Scuola media/1. La triste nemesi di una grande riforma

Nel giro di poco più di due generazioni (per gli statistici il tempo di una generazione dura circa 25 anni) la scuola media unica, della quale si celebrerà nel 2022 il sessantesimo anniversario, è passata dall’essere il fiore all’occhiello della scuola italiana – un successo del riformismo democratico, talmente importante da contrassegnare la nascita di una nuova fase politica, quella del centro-sinistra, con l’ingresso dei socialisti al governo – al ruolo di Cenerentola del nostro sistema scolastico, per non dire, come pure è stato detto in modo sommario ma efficace, il suo “buco nero”.

Un giudizio drasticamente negativo che la Fondazione Giovanni Agnelli (FGA) aveva formulato già dieci anni fa (novembre 2011) inserendolo nel suo ‘Rapporto sulla scuola in Italia’ e che ha ora ripetuto, senza troppe novità sul piano analitico, nel nuovo “Rapporto scuola media 2021”, presentato lo scorso 28 settembre.

Secondo Andrea Gavosto, direttore della FGA (lo era anche nel 2011), “Rispetto a dieci anni fa, quando pubblicammo il nostro primo Rapporto, la situazione della scuola media non è migliorata: gli apprendimenti restano insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora più evidenti, i docenti non sono meglio formati né la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale”.

Barbara Romano, curatrice del Rapporto insieme a Gavosto, ha insistito in particolare sul tema delle disuguaglianze, che l’unificazione della scuola media del 1962 mirava a ridurre, e che invece si sono ingigantite: “Già nei primi anni di scuola c’è differenza tra uno studente figlio di laureati e uno i cui genitori hanno la licenza elementare. Ma poi i divari deflagrano alla scuola media, arrivando fino a 46 punti di differenza nella preparazione, che equivalgono a quasi tre anni di scuola”, ha precisato la ricercatrice, con una deferenza a nostro avviso opinabile verso l’inclinazione degli economisti dell’istruzione a quantificare in “anni” i ritardi in un fenomeno così complesso come è quello educativo.

Come si è potuti arrivare al sovvertimento delle finalità ugualitarie della legge del 1962, che resta comunque l’unica vera grande riforma strutturale della scuola realizzata in Italia nel dopoguerra? Ed è possibile rimediare? Ne parliamo nella notizia successiva.

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