Sciopero. Servono coraggio e responsabilità per cambiare le regole dei servizi minimi
Anche venerdì scorso, in concomitanza (probabilmente non fortuita) con la manifestazione degli studenti per la difesa dell’ambiente, la scuola statale è stata interessata allo sciopero per l’intera giornata di tutto il personale scolastico, proclamato da un piccolo sindacato, il SISA, che secondo i dati ufficiali dell’ARAN, conta soltanto 13 iscritti (meno dello 0,01% dei 659.542 iscritti a un sindacato della scuola) e ha raccolto solo 114 voti (lo 0,01% dei 907.203 voti validi) nelle ultime elezioni per le RSU.
A quella proclamazione di sciopero si è unito un altro sindacato, l’USB, che di iscritti e di voti nelle RSU ne ha un po’ di più: 2.679 iscritti (lo 0,41% di tutto il personale scolastico sindacalizzato) e 7.833 voti (0,86% nelle elezioni RSU).
Tra qualche giorno sapremo dalla Funzione Pubblica quanto personale scolastico ha effettivamente scioperato (con regolare trattenuta sullo stipendio). Con ogni probabilità la percentuale di adesione, come ormai avviene quando lo sciopero è indetto da piccoli sindacati, si attesterà intorno allo 0,50%. Ma oltre alle poche classi nelle quali i docenti sono assenti per sciopero, ve ne saranno molte altre (non poche, anche se mancano dati ufficiali) che sono rimaste chiuse, o che hanno fatto attività ridotta, anche se i docenti non erano in sciopero.
Ancora una volta è questo l’assurdo effetto – approfondito nel report di Tuttoscuola “Scioperi con pochissimi scioperanti e…tante scuole ferme”, scaricabile gratuitamente su tuttoscuola.com – del non obbligo dei docenti di comunicare preventivamente l’eventuale adesione allo sciopero; un non obbligo che costringe i dirigenti scolastici a informare le famiglie che il servizio scolastico – un servizio pubblico essenziale – potrebbe non essere garantito. E molte famiglie, soprattutto degli alunni più piccoli, preferiscono, pur tra mille disagi, tenersi il figlio a casa.
Sul tema si è espresso anche il presidente dell’Anp Antonello Giannelli, intervistato dal Quotidiano Nazionale (https://www.quotidiano.net/cronaca/sciopero-scuola-29-novembre-2019-1.4913192 ): “Quasi nessuno dichiara prima se ha intenzione di scioperare e comunque anche se dice non sciopero questa affermazione non è vincolante e può benissimo cambiare idea la mattina e aderire”. L’Anp chiede una “riflessione a livello politico” perché se lo sciopero è un diritto costituzionalmente garantito “andrebbe rivista la normativa che lo regolamenta nel settore pubblico dove diventa deleterio per l’utenza più fragile”.
Intanto all’ARAN i sindacati impegnati nella trattativa di revisione dell’accordo sui servizi minimi in caso di sciopero sembrano opporsi proprio alla proposta di rendere obbligatoria la comunicazione di eventuale adesione allo sciopero (come più comprensibilmente invece fanno per l’ipotesi di precettazione per la vigilanza sui minori).
Mettere sullo stesso piano il diritto di sciopero (sacrosanto e inviolabile) e il diritto di non comunicarne preventivamente l’eventuale adesione nell’ambito di un servizio pubblico essenziale è una forzatura dal sapore ideologico che contrasta con l’asserito impegno di contemperare i diritti del personale scolastico con il diritto allo studio degli alunni (da tutelare altrettanto se leso non dallo sciopero ma da meccanismi a contorno che vanno oltre l’azione di chi effettivamente sciopera).
Per approfondimenti: report “Scioperi con pochissimi scioperanti e…tante scuole ferme” (scaricabile gratuitamente a questo link )
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