Riecco lo spettro dell’autonomia differenziata

Come un fiume carsico, spunta ancora una volta il tema dell’autonomia regionale differenziata, voluta da una riforma del centro-sinistra (legge costituzionale n° 3 del 18 ottobre 2001) per contenere la spinta regionalista dell’allora “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” ma poi cavalcata dalla Lega nelle sue diverse configurazioni post-bossiane fino alla “Lega per Salvini premier”, che avendo assunto una dimensione nazionale ne aveva un po’ attenuato il regionalismo.

Ma l’esito non positivo per la Lega delle elezioni del 25 settembre ha ridato forza alle originarie istanze regionaliste e federaliste di questo partito, quelle più identitarie, delle quali si è fatto interprete un suo esponente storico, Roberto Calderoli che, nominato Ministro per gli Affari regionali e le autonomie nel governo Meloni,  si è subito attivato e il 17 novembre 2022 ha presentato alle regioni italiane la bozza di disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.

Sono così tornate in campo le antiche polemiche sulle materie trasferibili alle regioni e soprattutto sui vantaggi che il provvedimento porterebbe a quelle del Nord. Di qui le immediate prese di posizione contrarie da parte di molti presidenti delle Regioni del Sud. Vediamo i termini della questione.

La riforma del 2001, confermata da referendum popolare, ha aggiunto all’art. 116 un terzo comma, così formulato: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre regioni (il riferimento è a quelle già a statuto speciale, NdR), con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata”. Il Parlamento, una volta intervenuta l’intesa, non potrebbe modificarla, ma solo ratificarla o bocciarla.

È questo che preoccupa le regioni del Sud, che temono che quelle del Nord, già pronte sul piano amministrativo, metterebbero subito a frutto le nuove competenze acquisite aumentando le distanze dal Sud. E poi c’è la questione dei LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) e dei costi standard, ancora non definiti. In attesa di questi adempimenti, prevede la bozza di Calderoli, i fondi alle regioni che sottoscrivono le intese potrebbero essere assegnati sulla base della spesa storica per ciascuna delle competenze trasferite. No, prima va fatta la perequazione in favore del Sud, i LEP e i costi standard, obiettano le regioni del Sud, anche quelle guidate dal centro-destra. Risultato possibile (se non probabile): non se ne farà nulla, e l’autonomia differenziata tornerà carsicamente a immergersi, almeno per il momento.

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