Rapporto Luiss, solo 39,5% della classe dirigente è laureato

Un calo della disoccupazione giovanile tra i 4 e i 5 punti percentuali e un aumento del reddito pro-capite tra i 1500 e i 2500 euro: sarebbero questi, in numeri, gli effetti di lungo periodo di un intervento sulla scuola con un costo di 2-3 miliardi (0,1-0,2% del Pil) indicato nell’ottava edizione del rapporto Generare classe dirigente, curato dalla LUISS Guido Carli e Fondirigenti e che quest’anno si è focalizzato sul passaggio tra istruzione e vita lavorativa dei giovani.

La proposta di intervento si basa su tre cardini: l’autonomia degli istituti scolastici; l’accountability, ovvero la trasparenza dei risultati dell’apprendimento combinata alla responsabilità sugli stessi; il confronto e la competizione da coltivare, in diverse forme, tra gli istituti scolastici.

Nel rapporto si indicano numerosi dati che illustrano quali siano le aree critiche su cui lavorare: l’inadeguatezza dell’apprendimento ‘rimandato’, con i debiti formativi (oggi ‘carenze’) che non hanno dato i risultati sperati, con il 17,4% degli studenti che non ha interamente recuperato i propri; la motivazione, e non solo la valutazione, degli studenti, l’84,9% dei quali afferma che i loro risultati migliorano quando sono ben motivati; l’efficacia dei processi di ‘giunzione’ tra la formazione e il lavoro (il 60,9% dei docenti è molto o abbastanza preoccupato per il passaggio alla vita lavorativa degli studenti). E, ancora, l’importanza della costruzione delle competenze trasversali, che le aziende cercano e non sempre trovano; o il livello di istruzione della nostra classe dirigente, più basso, in media, di quello degli altri paesi europei: solo il 39,5% dei dirigenti italiani tra i 30 e i 65 anni è laureato.